In Abruzzo l’acqua c’è, come in gran parte dell’Italia, che può contare su un patrimonio idrico tra i migliori in Europa.
Eppure, ne sprechiamo di più a causa di una rete idrica colabrodo che peggiora ogni anno che passa. Lo rileva l’Istat con i dati diffusi in occasione della Giornata mondiale dell'acqua: l’istituo di statistica pone in evidenza che tre capoluoghi di provincia su quattro della nostra regione superano la media nazionale per quanto riguarda le perdite idriche e Chieti è addirittura maglia nera d'Italia, con il 71,7% dell'acqua immessa che finisce nel suolo, non giungendo quindi a destinazione. Seguono Pescara, con il 58,9% di dispersione idrica, e L'Aquila, col 50,7%.
L'unico comune abruzzese al di sotto della media nazionale tra capoluoghi e città metropolitane, che è pari al 36,2%, è Teramo, con il 28,6%. L’Istat certifica una situazione che molte famiglie, operatori del settore agricolo, del turismo e imprese vivono oramai da tempo. Le riduzioni o le sospensioni di fornitura d’acqua sono diventate in alcuni casi quotidiane, così come sempre più frequenti gli interventi di riparazione sulla rete gestita dalle società abruzzesi che curano il servizio. D’altro canto, basta far scorrere gli occhi sui dati del report per leggere che a Chieti e a Pescara le perdite superano i cento metri cubi al giorno per chilometro di rete. Nel capoluogo adriatico, ad esempio, nel 2020, si sono registrati 74 giorni caratterizzati da misure di razionamento dell'erogazione idrica. Non sta meglio L'Aquila, dove la dispersione va dai 25 ai 39 metri cubi al giorno per chilometro di rete. Solo a Teramo il dato si ferma al di sotto dei 14 metri cubi.
La speranza di migliorare la situazione per i prossimi anni è riposta nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che destina 4,4 miliardi per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento e la gestione sostenibile delle risorse idriche lungo l'intero ciclo.
La situazione climatica, inoltre, impone un cambio di direzione per sfruttare meglio e con maggior accortezza le riserve idriche. In generale, in Italia gli investimenti raggiungono i 49 euro annui per abitante, in crescita del 22% dal 2017. Per contro, il consumo pro capite di acqua potabile resta eccessivo rispetto alle medie europee, e si mantiene elevato il divario tra il Sud e il resto del Paese, nonché tra le gestioni industriali e quelle comunali 'in economia'. E che gli interventi per evitare dispersioni e ottimizzare il sistema siano necessari, lo si evince dal dato sulla carenza di precipitazioni, che si fanno sempre più rare.
Anche in questo capitolo l’Abruzzo è presente: l’Istat infatti, evienzia che, confrontando la precipitazione totale 2019 con il rispettivo valore climatico 1971- 2000, a L’Aquila si registra un -160,9 sul totale della pioggia annua caduta. Un aspetto non di poco conto se si considera che la città è a 714 metri sul livello del mare. Il problema esiste e va ben tenuto in mente. Anche perché, stando al nuovo Blue Book, la monografia completa dei dati del Servizio idrico integrato, realizzato dalla Fondazione Utilitatis in collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti e Istat, il consumo pro capite di acqua potabile si attesta nel 2018 intorno ai 215 litri per abitante al giorno, rispetto a 220 litri del 2015: nonostante i valori si siano ridotti, il consumo idrico nazionale è comunque elevato se si considera che la media dei Paesi europei ruota intorno ai 125 litri (dato Eureau). Per di più, nei comuni capoluogo e città metropolitane, nel 2020 il dato sale ulteriormente fino a 236 litri.
L’importanza di rimettere a posto la rete idrica regionale viene anche da un altro capitolo dell’indagine Istat. Risulta infatti che nel 2021, il 30,8% delle famiglie abruzzesi non si fida a bere acqua dal rubinetto, mentre il 18% lamenta irregolarità nell'erogazione. Le famiglie valutano la fornitura di acqua potabile sotto vari aspetti: interruzioni della fornitura, livello di pressione, odore, sapore e limpidezza, frequenza di lettura dei contatori e della fatturazione, comprensibilità delle bollette. Nel dettaglio, rispetto all’assenza di interruzioni della fornitura, l’Abruzzo, con il 21,2%, rientra nella classifica che racchiude le famiglie che risultano poco o per niente soddisfatte. A far compagnia alla nostra regione la Calabria (44,6%), Sicilia (24,3%), e Sardegna (20,0%).
Nota dolente anche per la frequenza di lettura dei contatori. Molto o abbastanza soddisfacente quasi per otto famiglie su dieci, ma anche in questo caso è ragguardevole la quota di quelle poco o per niente soddisfatte (21,6%). Resta forte il divario territoriale: elevate percentuali di bassa soddisfazione si registrano nel Mezzogiorno, soprattutto in Calabria (42,9%), Sicilia (34,6%), Abruzzo (34,2%) e Basilicata (34,1%).
Quanto al giudizio sulla frequenza della fatturazione, le famiglie molto o abbastanza soddisfatte sono oltre l’80% del totale. In Calabria la percentuale di famiglie poco o per niente soddisfatte raggiunge il 38,7%, in Sardegna il 32,2%, in Abruzzo il 29,1% e in Sicilia il 28,8%.
L’ultimo capitolo dell’indagine è rivolto alla balneabilità delle coste: ai primi posti troviamo Basilicata (90,8%) e Calabria (85,3%); quelle con maggiori restrizioni di fruibilità Friuli-Venezia Giulia (42,2%) e Sicilia (50,8%). Arretrano di più sul 2018 Sicilia (dal 55,4% al 50,8%) e Abruzzo (dal 77,5% al 75,5%). 23 mar. 2022
FILIPPO MARFISI
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