Caccia al cervo in Abruzzo? Il no del Wwf

Caccia al cervo in Abruzzo? No, dice il Wwf. In occasione di un recente incontro a Casali d’Aschi sulla convivenza uomo-orso, è stato il diirettore del Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise (Pnalm), Luciano Sammarone, a palesare la possibilità di aprire la caccia al cervo al di fuori dell'area protetta. 

Ma gli ambientalisti non ci stanno. "A detta del direttore - afferma in una nota il Wwf Abruzzo - sarebbe possibile (anzi, necessario!) ipotizzare un contenimento non solo del cinghiale, attività già peraltro attuato da anni con scarsissimi risultati concreti, ma anche del cervo. Secondo Sammarone - viene aggiunto - l'attività venatoria sarebbe capace di alimentare non meglio definiti riflessi economici e si potrebbero coinvolgere i giovani nella gestione di un eventuale flusso turistico legato alla caccia". 

"In base a quali considerazioni tecniche ed ecologiche - chiede l'associazione - si può oggi affermare la necessità di dover contenere e ridurre la popolazione di cervo in Abruzzo? Lo stesso Piano venatorio della Regione, documento indispensabile per programmare le azioni sulla fauna approvato meno di un anno fa, prevede che ci siano ulteriori verifiche sullo stato della popolazione di cervo, in quanto non si hanno dati sufficienti per avere un quadro esaustivo della presenza e della diffusione della specie. Prima soltanto di ipotizzare un qualsiasi intervento, bisogna dotarsi di approfonditi strumenti di conoscenza, quali ad esempio, la distribuzione puntuale sul territorio regionale, la dinamica, il trend e lo status delle popolazioni, i rapporti sesso/età… di tutto questo si conosce pochissimo. Senza poi tralasciare il fatto che il cervo ha un ruolo fondamentale nella catena alimentare, rappresentando, ad esempio, un’importante fonte trofica per il lupo".  

"E' poi noto che molta dell’eventuale pressione venatoria sui cervidi andrebbe a ricadere nelle zone di presenza dell’orso bruno marsicano al di fuori delle zone di tutela, aggiungendo ulteriore stress in territori dove la caccia ad altre specie è già permessa. Anche il riferimento agli aspetti economici e ai flussi turistici non sembra poggiare su dati realistici. E' noto che il numero di cacciatori sta (fortunatamente) diminuendo in tutta Italia essendo passati dagli oltre 2 milioni degli anni Settanta a meno di 500.000 nel 2020, in gran parte anziani. Le presenze turistiche evidenziano invece come la natura sia un settore in forte crescita". 

Il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, che si accinge a festeggiare i 100 anni dalla sua istituzione, e le altre aree naturali protette "possono vantare un modello di turismo naturalistico fatto di guide, percorsi, rifugi, microricettività, attività esperienziali e scoperta, che potrebbe essere, questo sicuramente, esportabile anche in altre aree interne. I giovani dell’Abruzzo montano hanno bisogno di un altro tipo di politica, di progetti, di crescita culturale che portino per esempio al potenziamento dell’agricoltura e della pastorizia sostenibili, in modo che sempre più  di loro possano essere nelle condizioni di scommettere per il proprio futuro su queste attività; non certo di chi gira armato sulle nostre montagne divertendosi a sparare ad animali indifesi!"  07 giu. '21

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