Sindrome sgombroide. Tradotto, si tratta di un’intossicazione alimentare legata all’istamina nel cibo, una molecola presente naturalmente nel nostro organismo, che svolge un ruolo importante nella mediazione dei processi immunitari e infiammatori.
Ebbene, una ricerca durata otto anni e condotta, in Abruzzo, dall’Istituto zooprofilattico sperimentale, di Teramo, ha evidenziato come l’istamina, presente anche in alcuni alimenti, se ingerita in dose eccessiva, può provocare una sintomatologia simile a quella di una forte reazione allergica, causata da cibi sottoposti a fermentazione microbica, come formaggi fermentati, vino o birra. I casi di intossicazione, però, sono legati soprattutto al consumo di pesce. Per evitare conseguenze come la comparsa di effetti come asma, orticaria o rinite, anche in forma grave, fondamentale sono le corrette procedure di lavorazione e conservazione del pesce, dalla rete del peschereccio al punto vendita, fino alle nostre case. Bisogna specificare che i pesci vivi non contengono questa sostanza ma, una volta finiti nella rete, alcune specie batteriche iniziano subito a degradare l’aminoacido istidina: ne sono ricchi soprattutto tonno, sgombro, sarde, sardine e acciughe. Il risultato è la formazione di istamina, della quale, se la conservazione non è corretta, possono formarsi quantità notevoli capaci di rappresentare un pericolo per la salute.
Il dirigente chimico del reparto Bromatologia e Residui dell’Istituto, Loredana Annunziata, prima autrice del lavoro scientifico pubblicato sulla rivista internazionale "Food control", spiega: "La nostra ricerca ha preso in esame campioni provenienti da normali controlli istituzionali condotti dalle Asl sul pesce in vendita e campioni prelevati a seguito di segnalazioni dei cittadini, in alcuni casi per vere e proprie intossicazioni. Una volta individuati contenuti di istamina superiori ai limiti stabiliti dalla normativa europea, sono state rapidamente avviate tutte le procedure di controllo e tracciamento. Bisogna ricordare che i produttori hanno l’obbligo di legge di effettuare controlli rigorosi ai quali si aggiunge una sorveglianza continua da parte delle autorità sanitarie. Bisogna implementare procedure di sicurezza sempre aggiornate e rispondenti alle necessità. Lo studio – aggiunge Annunziata – evidenzia che anche il consumatore può fare molto per evitare che il pesce acquistato possa andare incontro alla formazione di istamina. Le chiavi sono due: il tempo e il freddo. Nel caso del pesce congelato dobbiamo sottolineare che il processo di degradazione dell’istidina in istamina può riattivarsi molto rapidamente. Per questo motivo andrebbe scongelato senza alterare la catena del freddo, quindi in frigorifero o immergendolo in acqua fredda, comunque non lasciandolo mai scongelare a temperatura ambiente. Non dimentichiamo poi che l’istamina è una molecola termostabile e una volta formata non verrà distrutta dalla cottura".
Giacomo Migliorati, direttore sanitario dell’Istituto ed esperto di sicurezza alimentare, chiosa: "Si può sospettare un’intossicazione alimentare da istamina se dopo aver mangiato pesce, di solito dopo circa 30 minuti, si manifestano sintomi come prurito su tutto il corpo, mal di testa, nausea, vomito e crampi addominali. Nella maggior parte dei casi si cura con cortisone e antistaminici. Lo studio condotto dai nostri esperti ha preso in esame 2.305 campioni di tonno, acciughe, sgombri e sardine, da 303 differenti lotti: di questi solo 18 lotti sono risultati non conformi, con concentrazioni di istamina superiori al limite di legge, e complessivamente sono stati riscontrati solo 6 casi di intossicazione. La situazione non desta alcun allarme, tuttavia è utile tenere alta l’attenzione e sensibilizzare cittadini, produttori, addetti alla distribuzione e alla vendita sull’importanza della qualità delle materie prime, del mantenimento della catena del freddo e del rispetto delle buone pratiche igieniche durante i processi di trasformazione e conservazione". 07 feb. 2022
Filippo Marfisi
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