Il vino italiano vuole punta sul... rosa. I sei distretti produttivi più significativi del Nord, Centro e Sud Italia fanno rete per la promozione unitaria dei vini 'in rosa' della tradizione italiana. Con questa premessa nasce Rosautoctono, l'Istituto del Vino Rosa Autoctono Italiano, una compagine, presentata al ministero delle Politiche agricole, che raccoglie i Consorzi di tutela delle denominazioni di origine più rappresentative del settore (Bardolino Chiaretto, Valtènesi Chiaretto, Cerasuolo d'Abruzzo, Castel del Monte Rosato e Bombino Nero, Salice Salentino Rosato e Cirò Rosato) con l'obiettivo dichiarato di dare una spinta decisiva, non solo dal punto di vista promozionale, ma anche economico e culturale, ai più significativi territori vocati alla produzione di questa tipologia di vino. Si tratta di un'esperienza aggregativa che ora, dopo diverse azioni messe in campo nel corso dell'ultimo anno, imbocca la strada del riconoscimento istituzionale. Un 'new deal' per diffondere la cultura del bere in versione rosa, che in Italia rappresenta oggi il 6% dei consumi, mentre ogni cento bottiglie vendute in Francia più di trenta sono di rosé.
Ad apporre a Roma la firma sull'atto costitutivo, davanti ad un notaio, sono stati il neo presidente dell'istituto, Franco Cristoforetti (numero uno del Consorzio di tutela del Chiaretto e del Bardolino) insieme ai presidenti Alessandro Luzzago (Consorzio Valtènesi), Francesco Liantonio (Consorzio di Tutela Vini Doc Castel del Monte), Valentino Di Campli (Consorzio di Tutela Vini d'Abruzzo), Damiano Reale (Consorzio di Tutela vini Doc Salice Salentino) e Raffaele Librandi (Consorzio Vini Cirò e Melissa).
In rete finiscono così sei Consorzi, caso unico in Italia, per una produzione di oltre 20 milioni di bottiglie. "Per competere a livello internazionale - dice il neopresidente dell'istituto Rosautoctono, Franco Cristoforetti - abbiamo capito che non bastava essere portatori di una storia bimillenaria e aver raggiunto altissimi livelli qualitativi. C'è bisogno di una strategia comune, trasversale a tutto il Paese, e per questo abbiamo deciso di fondare un Istituto che rappresenta un traguardo storico, perché ha come fine prioritario quello di favorire una promozione unitaria e rafforzata, dentro e fuori dai confini nazionali, offrendo al comparto una spinta necessaria".
L'auspicio è "una carta dei vini al ristorante che introduca l'indicazione "vino rosa" che poi contempli sia le produzioni italiane, sia i rosé francesi insieme agli altri stranieri. L'adesione a Rosautoctono ha dei paletti molto chiari: l'utilizzo di uve autoctone a bacca nera. "Non possiamo escludere gli spumanti - precisato Cristoforetti - ma in alcuni territori rappresentano piccoli numeri. Il rosa non deve necessariamente essere indicato in etichetta o nei disciplinari di produzione, ogni territorio ha la sua tradizione. In Italia va creata una cultura di consumo per una produzione finora perlopiù sconosciuta. Primo obiettivo è trovare per il vino rosa dignità e valore di mercato con un lavoro di filiera che contempli anche la catena distributiva".
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