Web InVerso - Ecco 'Nostalgia' di Angelo Ciccullo
di Marco Tabellione


Versi struggenti, pregni di una commozione profonda nei confronti dello scorrere del tempo, nei confronti di ciò che è stato e non è più, verso occasioni più o meno sfruttate di un'intera vita, ma soprattutto verso le emozioni che hanno segnato la coscienza, le idee, le convinzioni. Angelo Ciccullo con "Nostalgia", titolo semplice ma ricchissimo di riferimenti e suggerimenti, ha cercato di cogliere l'essenza delle esistenze, ciò che rimane quando tutto passa e scompare. Le poesie sono accorate, in alcune si sente un po' di retorica, ma nelle più spontanee Ciccullo è riuscito davvero a fare una sintesi perfetta tra sensazioni e idee, tra la percezione del tempo che passa e la consapevolezza di poter lasciare una testimonianza importante di se stessi e della propria vicenda umana. La vena di Ciccullo è delicata e disinvolta al contempo, e il poeta riesce a sposare a meraviglia la raffinatezza dell'ispirazione con l'immediatezza della comunicazione. Ma soprattutto quello che colpisce è la proposta semplice che giunge dai suoi testi, in cui la poesia viene paragonata, come emerge da una delle liriche, ad una lanterna nella notte, cioè una luce nel buio, quel buio che a volte è l'esistenza.

Siamo così di fronte ad una poesia che va oltre il tempo ma che del tempo ha saputo trattenere la lezione. Una poesia arresa agli eventi e alla realtà, che tuttavia riesce a nobilitare e a salvare l’uomo attraverso la memoria. La memoria diventa così il luogo del riscatto, per assurdo della rinascita, di un ritorno che si fa viaggio nuovo, come in un cerchio dove ogni passo in avanti è nello stesso tempo un passo indietro. 

Il punto di partenza della poesia di Ciccullo, tutta legata all’introspezione e al viaggio nella propria personale memoria, è comunque un dato esterno, è, cioè, in ogni caso, la realtà esterna, esterna a quella dell’io, realtà che diventa dimensione dell’esperienza, della conoscenza. L’attenzione per il poeta appare allora come principio fondamentale, e il rimprovero alla mancanza di attenzione del nostro tempo, la distrazione totale dello scorrere frenetico e tecnologico, diventa nelle liriche di Ciccullo una sorta di input d’avvio. Ecco cosa scrive in “O stella”: “Tutti presi da noi stessi non ci curiamo del muto dialogo che intorno a noi si svolge, non prestiamo l’orecchio e così la nostra sensibilità s’irrigidisce, la nostra voce si perde nel delirio di se stessa, e non trova più eco”. Finale bellissimo, egregio, dove con la metafora del delirio di se stesso, Ciccullo ha voluto fotografare la follia della contemporaneità persa dietro al mercato e al profitto, e incapace di guardare dentro le cose, di attraversarle, di vederle in profondo.   

Così il poeta nostalgico, quasi petrarchescamente perso in se stesso e nei propri rimpianti, appare invece più attento, più prossimo alla realtà della società utilitaristica in cui ci è dato trascorrere la nostra vita, per giunta unica. “Questo furono i sogni” recita ancora Ciccullo nell’omonima, splendida poesia, anche lessicalmente elevata ed elegante, in cui il tentativo di recupero del senso si pone come esperienza centrale, come direzione di un perdersi nei ricordi che in realtà non è smarrirsi, ma è un ritrovarsi, un ritrovare se stesso per ritrovare gli altri e, infine, ritrovare il mondo. “Desiderio di bellezza” lo chiama Ciccullo, e poi continua: “E la coscienza della sconfitta, del disfacimento non ci limita, ma sempre ci sospinge a riprenderli, recuperarne il senso, a farne, come un mago, con l’ausilio della mente, un verso”. 

Forse qui si profila l’aspirazione ad un’esistenza migliore, ad una vita che sia bella davvero, perché bella dentro e fuori. Non lo sappiamo, certo è che in quel “farne un verso”, magari con l’ausilio di un mago, si ferma e si arricchisce un’intera vita, un’intera anima, si riconquista, si riscatta come abbiamo detto, perché dimostra che la memoria può essere attimo afferrato, dimostra forse che il celebre attimo fuggente non sta nel correre continuo sulla cresta dell’onda, in un presente senza senso e significato, ma sta nel guardarsi indietro per guardare avanti, sta nella capacità di cogliere il proprio tempo come blocco unico, come ricco di passato e futuro, perché solo così il tempo dell’uomo può farsi storia e dunque senso. 

06 dicembre 2018

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