San Vito. Il Comune espropria e l'Eremo dannunziano torna accessibile a tutti
San Vito Chietino (Ch) - Il Comune ha attivato le procedure per l'esproprio di "pubblica utilità". E così, dopo decenni di querelle, anche a colpi di carte bollate, di ripicche e accessi sbarrati, l'Eremo dannunziano potrebbe tornare presto ad essere fruibile a tutti.
 
L'edificio, che si trova a San Vito Chietino e che, in località Portelle, si affaccia sulla statale 16, ospitò, nell'estate del 1889, Gabriele D’Annunzio e la sua Elvita Natalia Leoni, che lui chiamava Barbarella. Un rifugio d'amore, situato sul litorale, tra aranceti, uliveti e mucchi di ginestre. La casa gli venne trovata dall'amico fraterno Francesco Paolo Michetti. Luoghi nei quali il tempo pare essersi fermato e che ispirarono il romanzo "Il trionfo della morte".
 
L'Eremo, cuore dell'omonimo Parco letterario nato da qualche anno, fu donato alla città di San Vito nel 1961 da Ermenegildo Ciampoli, a scopo di "istruzione, educazione e turismo". Ma il Comune non ha potuto mai valorizzarlo perché "ostaggio" dei privati, dato che la struttura non ha un ingresso indipendente. "Un problema che andava risolto - dice l'assessore Luigi Comini - e, dato che si tratta di un bene di valenza storico culturale, la legge ci ha permesso di attivare l'esproprio". Che riguarda la scalinata esterna (foto in alto) che conduce alla stanza dove il Vate si rintanò con la propria amante. L'esproprio è a carico di Giustino Verì, proprietario di parte del fabbricato contiguo a quello divenuto leggenda letteraria. "L'8 aprile scorso - aggiunge Comini - il Consiglio comunale, con delibera numero 14, ha poi approvato all'unanimità il progetto con cui, ricostituita la servitù di passaggio per il pubblico accesso, andremo a riqualificare il posto e a metterlo in sicurezza, ad esempio con una ringhiera per delimitare la gradinata. Per l'estate finalmente potremmo avviare un valido programma di promozione turistica". Qui, davanti alla casa, dal 2009, traslati dal cimitero del Verano, ci sono anche i resti di Barbara Leoni, sotto una lapide bianca, fatta realizzare dal notaio Fernando De Rosa, proprietario dell'altra porzione dello stabile. 
 
"Verresti tu a passare l’estate con me, qui in Abruzzo, in una casa solitaria sul mare, lontana da Francavilla, sicura? E’ una piccola casa rurale composta di due stanze al primo piano, di una stanzetta al piano terreno e di un portichetto; e, accanto, un grande orto d’aranci e d’altri alberi fruttiferi, e sotto il mare gli scogli, una vista interminabile di coste e monti marini, e sopra tutto una immensa libertà come un buen retiro…", così scrisse il poeta a Barbarella.
 
E il 23 luglio lì si ritrovarono... Lei bellissima e reduce da un matrimonio fallito; lui, ad attenderla, ambizioso e talentuoso cronista, e scrittore che cercava di farsi largo negli ambienti letterari. Insieme, brucianti di passione... "Era una casa d'una architettura primitiva. Una scala scoperta saliva a una loggia su cui si aprivano le quattro porte delle quattro uniche stanze. Ciascuna stanza aveva quella porta e una finestra dalla parte opposta, a riscontro, guardante su l'oliveto. Alla loggia superiore corrispondeva una loggia inferiore; ma le stanze terrene, tranne una, erano inservibili. La casa confinava da un lato con un abituro basso dove stavano i contadini proprietarii. Due querci enormi, che la perseveranza del grecale aveva piegato verso il colle, ombreggiavano lo spiazzo, proteggevano certe mense di pietra adatte alle cene estive. Limitava lo spiazzo un parapetto anche di pietra, che superavano le robinie cariche di grappoli odorosi, delicate ed eleganti su lo sfondo del mare. La casa non ad altro serviva che ad albergare forestieri nella stagione dei bagni, secondo l'industria comune del contado di San Vito, lungo la costa. Distava circa due miglia dal borgo, all'estremo confine d'una contrada detta delle Portelle, in una solitudine raccolta e benigna come un grembo... Dall'estrema punta del promontorio destro, sopra un gruppo di scogli, si protendeva un trabocco, una strana macchina da pesca, tutta composta di tavole e di travi, simile a un ragno colossale"...
 
Notti rimpianti per la vita... "Che notte, quella già scorsa! E stanotte è il plenilunio d’agosto, quello che i grilli di San Vito rigavano stridendo come un diamante su un cristallo puro. Ti ricordi? E ti ricordi in quelle notti divine il biancheggiare dello scheletro enorme su la scogliera? Ti ricordi del trabocco, e del profumo emanato dalla bassa marea, e della luna rossa che ti faceva paura, e delle farfalle a cui tu crudele davi la caccia, e dei miei sonni dormiti sul velluto della tua rosa? Ti ricordi?"    26 aprile 2016
 
SERENA GIANNICO
 
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