Il mare come metafora di riferimento, come corollario delle vicissitudini e delle emozioni. È l'impostazione del libro di poesie di Giuseppe Chicchirio "Il mio mare", edito da Albatros, in cui il mare assume il ruolo di simbolo fondamentale dell'amore e della vita.
Una metafora globale alla quale, con maestria, Chicchirio riesce a riportare una pluralità di condizioni, pulsioni, illusioni, sogni. Nel simbolo del mare, infatti, tutto può ergersi ed elevarsi, tutto può giungere ad avere un significato nuovo e completo, e in un certo senso contribuire a sublimare l'esistenza. Il mare rappresenta l'apertura, la libertà, ma anche il rischio, l’incertezza della relazione con l'altro. È in fondo la vita con i suoi andirivieni, i suoi motivi, le sue onde, le sue gioie e le sue illusioni.
Il mare dunque è in fondo “il gran mare dell’essere” come lo chiama Dante in un passo della Divina Commedia, è il simbolo definitivo dell'esistenza umana e dell'universo, ciò che consente al poeta, anche in una chiave ripetitiva, di offrire una visione completa dell'essenza umana, nonostante la vicenda personale che indubbiamente si cela dietro le immagini marine. Ma c’è, inoltre, anche il tentativo e il desiderio di trovare nell'esistenza motivi ulteriori, innalzamenti e slanci idealistici. Opera delicata questa di Chicchirio, anche nella scelta del verso breve e ungarettiano, che tuttavia riesce a farsi mobile, plastico, grazie agli espedienti retorici e simbolici con cui il suo autore è stato bravo ad evitare una ripetitività che sarebbe sembrata inevitabile, visto il tema monocorde.
Siamo di fronte dunque a poesie che recuperano una matrice romantica seguendo il fil rouge di una chiave simbolica unica, come è appunto quella del mare, e cercano di offrire anche un monito morale e positivo, una sorta di indicazione esistenziale, come una direzione. Da questo punto di vista è emblematica una delle liriche: "Ha le sponde consunte la mia arca, la chiglia distorta e l’albero incrinato, ma la vela si gonfia al primo soffio”. È l’idea di una volontà dell’andare, di una speranza tenuta sempre accesa che poi trova nell’amore il suo vero trampolino di lancio.
L’opera in effetti si potrebbe anche considerare come un canzoniere, redatto tenendo presente la metafora del mare, per cui il navigare diventa un viaggio nell’altro, e nel mistero dell’altro. Del resto il mare non è semplice, non dà tregua, il suo modo non si arresta mai, un po’ come l’amore che ha bisogno sempre di essere rilanciato, che ha bisogno sempre di rinnovo, della capacità degli amanti di rigenerarsi, riplasmarsi. E comunque non è possibile evitare il mare, perché tutto va al mare, tutto finisce per alimentarlo ed esserne alimentato, e la relazione con lui diventa anche una specie di relazione con sé stessi. In effetti non a caso in una lirica il poeta lo definisce "mare primordiale".
Il poeta ci propone dunque delle immagini impressionistiche che hanno al loro centro sempre il mare, ma che ad un certo punto assumono significati simbolici ed espressionistici, fotografando e visualizzando il mondo interiore del poeta e non solo. Il mare, in effetti, distoglie anche il tempo e “lo intrattiene sulle rive”, come scrive l’autore, in modo da affidare all’acqua e al suo ritornare perenne anche il compito di offrire significati, non solo rallentare il tempo, ma dargli senso, arricchirlo di valori che gli consentano di non correre invano.
"Sul mio mare - dice il poeta - il sole non tramonta", in un verso che quasi dice tutto, e che comunque dà il senso di un bisogno di eternità, un bisogno di trascendenza che il mare, e tutto ciò a cui esso rimanda, forse possono soddisfare. Il bisogno cioè di sapere e di capire che la vita non è solo questa, non è solo qui, che ci sono altri orizzonti, che c’è altra vita oltre l’orizzonte. È appunto in questa apertura, questa speranza che prende il largo, il significato più riposto di questo libro così positivo e illuminante.
Prima de "Il mio mare" era stato pubblicato suo volume "Il tempo del mare" (Youcanprint) che anticipa il tema del secondo a breve distanza. In entrambe le sillogi il mare giunge a permeare di sé l'intero universo del poeta, offre la metafora basilare, l'ispirazione centrale per un'anima alla ricerca non tanto di una meta, quanto di un'identità. Il mare si fa dunque specchio, autoriflessione. Spazio e viaggio di un'anima alla ricerca di se stessa. Sì perché l'amore non è solo uno strumento di apertura all'altro, in fondo, come dimostrò tra i primi in lingua italiana Petrarca, è uno strumento di conoscenza di se stessi. Una via di conoscenza e approfondimenti, che evidentemente Chiricchio segue da tempo, coltivando la sua metafora sul mare in due distinti libri.
Una scelta anche coraggiosa, che contribuisce a rimarcare l'onnipresenza di questa metafora fondamentale non solo nell’immaginario dell’autore ma in fondo nell’immaginario di tutti. Insomma un dittico, un’opera divisa in due raccolte che però rappresentano due momenti di uno stesso percorso.
Marco Tabellione
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