Poesie votate alla ricerca del bene e della luce, ma in una visione nuova, scevra da falsi moralismi e retoriche. Una visione appunto poetica e profonda, quella evidenziata nelle liriche contenute in “Memorie” (Tabula Fati, 7 euro, 49 pagine) di Marco Pavoni, terzo volume di una trilogia dove la poesia si sposa con la filosofia e una intellettualità aperta al nuovo e a forme che indagano e sondano la verità sull’uomo e sulla vita.
Dopo “Immagini” e “Persistenza del sogno”, in questa terza raccolta Pavoni sembra voler abbandonare il terreno del virtuale e del sogno per sposare darti più certi e concreti, come quelli legati appunti ai ricordi. Ma a ben guardare le memorie di Pavoni non hanno molto a che fare con il passato, e sembrano in realtà indicare più una volontà di senso sul presente e sul futuro. Le memorie di cui si tratta qui infatti sono piuttosto entità intellettuali che consentono di proiettare significati sulla realtà, in attesa di una rivelazione. Vi sono parole chiave ricorrenti attorno a cui i versi sono costruiti, luce o anche amore, che meglio ci fanno comprendere questa disposizione. Ciò indica un percorso o piuttosto la visione di una meta, di uno spiraglio, l'apertura verso un’autenticità del vivere. Un'esperienza che dia pienezza e giovialità.
Si sente nei versi di Pavoni il desiderio di essere parte degli aspetti più felici e intensi dell'esistenza e nello stesso tempo la voglia di mantenerne sempre una comprensione, una intelligenza, anzi è proprio ciò che avviene. Nel senso che spesso la metafora della luce, metafora di un oltre divino che incarni anche il bene, finisce per assorbire in sé i simboli di altre connotazioni positive e in un certo senso divine, come l'amore ad esempio. Si può dire questo perché l'esperienza dell'amore in molte poesie sembra a volte diluirsi nel sogno, e l'amore cantato e cercato si fonde con la stessa immagine della luce. Così la poesia finale ci soccorre e riesce a svelare l'arcano, perché l'amore e la luce diventano immagine stessa di Dio e della grazia. Pavoni cerca quindi quasi dantescamente una salvezza, ecco perché la rivelazione della verità in lui avviene attraverso la luce e attraverso l'amore, luce e amore vissuti però innanzitutto come dimensioni ed entità ideali, più come fenomeni culturali prima che sentimentali.
La richiesta dunque che Pavoni fa alla poesia, è una richiesta di salvezza, una richiesta dantesca, e non è una domanda effettuata da un luogo di disperazione, ma è una domanda condotta quasi con freddezza intellettuale, come se fosse, prima che un'esigenza sentimentale e dell'anima, un'esigenza appunto mentale, culturale, poetica. Una ricerca quella di Pavoni, insomma, di un'illuminazione che costituisca innanzitutto una risposta al mistero dell'esistenza. La luce nelle sue poesie, infatti, diventa anche un’illuminazione oltre il velo delle cose, uno strumento di disvelamento appunto, un mezzo dell’epifania delle ragioni segrete dell’essere, un intervento trascendentale che consente di superare l’inganno del reale, infatti scrive: “Cadrà l’inganno, quel muro silente d’ombra che cela la vita dell’anima. Risorgerà l’esistenza del Tempo, lo scrigno che Dio apre in menti offese dallo svariare del caso”.
Marco Tabellione
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