Se n’è andato in punta di piedi. Da galantuomo com’era. In silenzio. E' morto, all’ospedale di Chieti, il primo settembre scorso Mario Micozzi, docente di italiano, romanziere, giornalista, saggista e critico letterario.
La città di Lanciano perde un altro faro della cultura, che ha operato dal dopoguerra ai nostri giorni. Per circa 40 anni Micozzi ha profuso competenza, passione ed eleganza nel suo insegnamento guidato dal suo motto: “Scoprire il dialogo per il bisogno di comunicare”. Ed era sempre un piacere intellettuale intrattenersi a conversare con lui perché faceva del confronto un punto di partenza-arrivo. Ore di dialoghi che potevano durare giornate spaziando fra la letteratura, la politica, l’educazione civica, la storia di Lanciano. Ha insegnato all'istituto d'arte "Palizzi".
Poco prima del lockdown per il Covid-19, febbraio 2020, a Roma gli è stato conferito il premo internazionale “Comunicare l’Europa”.
Lanciano probabilmente lo ricorda soprattutto per la veste di direttore della rivista interdisciplinare “Punto d’Incontro” (50 anni di pubblicazioni), nonché del mensile d’Abruzzo “Gente & Piazza”, di cui ne è stato ideatore, fondatore e infaticabile direttore. Eppure, fuori da Lanciano, Micozzi è ricordato come un intellettuale dentro la città cioè fuori dai salotti, in mezzo alla gente giacché ha collaborato alla terza pagina di diversi quotidiani con articoli di critica letteraria e arte ma soprattutto collaborando con riviste dello spessore di Letteratura, Nuovi Argomenti (diretta da Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini e Enzo Siciliano), Il Ponte, La Fiera Letteraria solo per citarne alcuni.
Scrupoloso, attento a leggere nelle sfumature di una conversazione un punto di incontro, uno spazio di comunione con l’interlocutore, Micozzi ha sempre manifestato nei suoi incontri di conferenziere un alto senso civico, un alto senso morale.
Lanciano lo ricorda anche per le sue interviste ai personaggi della Frentania e non.
Nella sua attività di scrittore ha esordito con una plaguette di poesie dal titolo “Prima luce” (nel lontano 1946) seguita, dopo alcuni anni, da “Cronaca chiusa” (Casa Editrice Battei, Parma 1954). La sua opera prima di narrativa è stata invece “Le macchine gialle” (1999), mentre ancora è inedito l'antecedente “Al di qua del fiume" (1953), romanzo scritto a Bologna in circostanze avventurose e mirabolanti. Da qui in poi, con l'apprezzamento di Attilio Bertolucci, Carlo Bo, Elio Filippo Accrocca, Michele Prisco, ha dato alle stampe una miriade di romanzi e libri di poesia, opere tutte favorevolmente accolte dalla critica letteraria italiana più qualificata: da Italo Calvino a Giacinto Spagnoletti a Walter Mauro, Giovanni Pacchiano a Maria Grazia Lenisa, da Mario Sansone, Sergio Pautasso a Vito Moretti, da Giovanni Raboni, Angelo Jacomuzzi a Giuseppe Pontiggia, da Giuliano Manacorda, Giorgio Bârberi Squarotti a Dante Cerilli, da Francesco Alberto Giunta, Vittoriano Esposito, Giuliano Gramigna, Ferruccio Ulivi, Nelo Risi, Mario Luzi a Giovanni Nativio, da Gianni Oliva, Silvio Ramat, Gilberto Finzi, Antonio Porta ("Giornolibri") a Mario Stefani ("Il Resto del Carlino") a Walter Pedullà, riuscendo a conquistare, come scrittore, un posto degno di nota nel contesto letterario del Terzo Millennio in tutta Italia.
Il 28 settembre 2019 al Micozzi è stato conferito il Premio Internazionale "Spoleto Art Festival Letteratura 2019" con il patrocinio straordinario dell'Associazione Critici Letterari Ong Unesco.
Così ha “salutato” i suoi cari e i suoi amici: “Pronti come ieri per uscire da noi, da quel noi spento forse logorato assai sulla breccia dei percorsi esteriori ed interiori dilacerati… Noi saremo quelli che sempre siamo stati, seppur sdoppiati come adesso tra il restare e l’andare, nutrendo l’avventura”.
Lascia la moglie Lina, la figlia Pierangela e il figlio Loris.
I funerali si sono svolti sabato 2 settembre nella cattedrale Madonna del Ponte di Lanciano.
ALESSANDRO DI MATTEO
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