"L’Aquila grandi speranze" sì, ma non piace agli... aquilani. La fiction, diretta da Marco Risi e andata in onda in prima serata su Rai1 ieri, 16 aprile, non ha riscontrato grandi consensi nel capoluogo d'Abruzzo. "Rappresenta un danno d’immagine per la città, che vive un momento profondo e significativo di commemorazione delle sue vittime a dieci anni dal terremoto del 6 aprile 2009 - tuona Roberto Tinari, presidente del Consiglio comunale -. Intendo adottare e valutare tutte le azioni possibili, anche quelle giudiziarie, se necessario, contro una rappresentazione irreale e offensiva de L’Aquila".
La produzione prometteva di raccontare il dolore del sisma, le difficoltà e la voglia di rinascita degli abitanti. Ma, nonostante il successo di ascolti (3 milioni 180mila spettatori e il 13 per cento di share), tanti i commenti negativi, soprattutto da parte di chi il terremoto l'ha vissuto.
"La trasmissione televisiva, di ben sei puntate, - aggiunge Tinari - è stata presentata in pompa magna con lo scopo di dare un contributo alla città ferita sui temi della ricostruzione e della rinascita. Anche se non si tratta di un documentario, ma di una messa in scena in cui la città dell’Aquila fa da palcoscenico, ritengo assolutamente offensivi i contenuti della serie nei confronti di un dolore ancora troppo recente e drammatico per essere banalizzato".
"Questa fiction una vergogna immane. Ciò che state guardando non ha riscontro. Lo stato di abbandono sì, ma l'inciviltà di studenti, gang improbabili, collera e dolore sfogati in bullismo, corse e arrampicate in zona rossa, non esistono assolutamente", si sfoga Verdiana sui social. E Massimo, su Facebook: "Avevo grandi aspettative per questa fiction, ma purtroppo non mi ha colpito molto. Mi sembra irriguardoso rappresentare i giovani in quella maniera quando invece erano proprio loro l'orgoglio di un popolo che voleva rialzarsi presto. Fiction sì, ma senza bugie".
Si scaglia contro anche la senatrice Stefania Pezzopane, che su Facebook tuona: "Una brutta cosa che non meritavamo. Le nostre speranze non le avete né cercate, né comprese. Non c'erano e non ci sono bambini incattiviti organizzati in bande a scorrazzare nel centro storico. I nostri figli allora erano lontani, sulla costa o nelle tendopoli, a provare a superare la paura e a ricostruire vita e serenità. Non parliamo dialetti sbilenchi, che non siano l'aquilano. Non ci piace il terremoto e nemmeno chi usa L'Aquila e quella tragedia come un set per raccontare una banale e bruttina vicenda. Ricordatevi sempre tutti, che qui sono morti 309 innocenti. Aiutateci o lasciateci in pace. Così ci fate solo danni. Marco Risi, ma perché?"
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