Casco integrale a nascondere il volto; giubbotto nero più grande di alcune taglie, a nascondere anche le mani; pantaloni più chiari e zaino sul petto a celare la pistola che ha in pugno.
Prima spara alcuni colpi dall'esterno del locale, attraverso la siepe, e ferisce le sue due vittime che, sedute allo stesso lato del tavolo, cadono sul pavimento e tentano, in qualche maniera, di ripararsi dalle pallottole. Poi entra nel dehor, passando tra i vasi, noncurante del terrore che intanto semina, e spara ancora, mirando alla testa e alla faccia. Spara a distanza ravvicinata, per dare il colpo di grazia.
Quindi rovescia una sedia, afferra le chiavi di un'automobile e si appropria di entrambi i telefonini delle vittime e fugge sullo scooter lasciato poco lontano. I due avventori contro cui ha fatto fuoco sono a terra, in una pozza di sangue: uno respira ancora, a fatica ma respira; l'altro è morto. Attorno i clienti sono nascosti sotto ai tavoli.
Le immagini delle videocamere di sorveglianza raccontano, in maniera agghiacciante, l'agguato avvenuto lunedì sera, primo agosto, al "Bar del Parco" a Pescara, confermando come l'esecuzione, spietata, in perfetto stile mafioso, duri meno di un minuto.
Un minuto infernale, costato la vita a Walter Albi, architetto 66enne, mentre Luca Cavallito, 48 anni, è ricoverato in Rianimazione. Sono entrambi di Pescara ed erano amici. Erano seduti attorno ad un tavolino, dove c'erano altre due sedie vuote e un vassoio con dodici pizzette in attesa di essere mangiate. Quindi aspettavano altri, forse proprio l'assassino che li ha intrappolati.
Almeno otto i bossoli trovati nell'esercizio commerciale.
Il ferito, sottoposto a diversi interventi chirurgici, è ancora molto grave, ma dà segni di miglioramento. E' stato raggiunto da almeno quattro colpi. Lui, come ha sottolineato la Asl nel bollettino medico, è arrivato in sala operatoria "in condizioni disperate per shock emorragico dovuto a ferite multiple da arma da fuoco interessati torace, addome, arto superiore destro e massiccio facciale". E' passato sotto tre equipe chirurgiche e dovrà ancora essere operato: deve essere estratto l'ultimo proiettile rimasto nel corpo, all'altezza della testa dell'omero.
Ora è piantonato a vista, con vigilanza armata. Il provvedimento è stato deciso durante la riunione tecnica, di questo pomeriggio, di coordinamento delle Forze di polizia, presieduta dal prefetto Giancarlo Di Vincenzo e alla quale hanno preso parte il questore Luigi Liguori; il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Riccardo Barbera e il comandante provinciale della Finanza, colonnello Franco Tuosto. Adottata una misura di sicurezza rafforzata, perché si teme per la sua vita, non solo dal punto di vista clinico. La paura è che il killer, che non è manovalanza locale, possa tornare per finire il lavoro.
Proseguono, intanto, le indagini della polizia, che sta raccogliendo testimonianze ed eseguendo perquisizioni. L'attività investigativa della Mobile, capitanata da Gianluca Di Frischia, è coordinata dal procuratore capo Giuseppe Bellelli e dal sostituto Andrea Di Giovanni.
Si tratta di un caso considerato estremamente difficile, peggiorato dal fatto che i cellulari, con i quali le vittime stavano chattando prima del dramma, sono stati sottratti e portati via. Ma il loro contenuto potrebbe essere recuperato.
Si scava nella vita delle due vittime, tra le loro relazioni, nei loro conti bancari, nei loro affari. Il padre di Cavallito, Dario, ha parlato di un progetto avviato dai due per la realizzazione di un hotel nella zona del porto. Il sospetto è entrambi si siano trovati, magari involontariamente, invischiati in una situazione di rischio, sfociata nell'omicidio, studiato e pianificato in maniera certosina. 03 ago. 2022
SERENA GIANNICO
@RIPRODUZIONE VIETATA