"Mi dicevi che dall’alto della montagna si vede il profondo del mare; che si sente l’incanto della sua voce… La montagna sa parlare, dicevi".
Giuseppe Brasile dà così l'addio al fratello Gianpiero, 58 anni, morto lo scorso primo dicembre, insieme all'amico Antonio Muscedere, di Sora, in un’escursione sulla Majella, in località Ravone della Vespa, nel territorio di Sant'Eufemia a Maiella (Pescara), a 2.500 metri d'altitudine. I funerali del medico si svolgono nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Lanciano (Ch), nel quartiere Cappuccini, dove è cresciuto. "Il dottore ci è stato strappato in maniera inaspettata - dice il parroco, don Gregorio Lydek -. Non sappiamo perché sia successo ma c'è tutta l'eternità per capirlo... C'è bisogno di silenzio, ora, di tanta fede e di speranza, questa finestra piena di luce...".
Ci sono la moglie Irene Vizioli, vice questore aggiunto in servizio a Pescara, e i loro quattro figli, Federica, Claudia, Ludovica e Riccardo. C'è il picchetto d'onore della polizia a porgere l'ultimo saluto, anche sotto la pioggia. Sulla bara la sua foto e una bandiera bianca con su scritto... "Collezionando non t'accorgi ma lo diventi (un grande, grandissimo esperto dell'Appennino)". Ci sono decine di agenti e dirigenti della Polizia di Stato, carabinieri e finanzieri, e appenninisti giunti da varie regioni d'Italia. E poi ci sono i colleghi, tanti medici, e gli amici di sempre, quelli di Lanciano... I ragazzi dei primi calci ad un pallone, dei giochi in strada, della pallavolo, del liceo. Sono affranti, le lacrime che a tratti non riescono a trattenere. La chiesa è gremita.
"Lui ha dato tanto - continua il sacerdote - servendo la vita, aiutando malati. Lui ha avuto coraggio. E anche in questo riconosciamo il dono altissimo del suo esistere e amare... La montagna - prosegue -, che è un grande dono di questa regione bellissima che è l'Abruzzo, non era una passione sbagliata, anzi... Anche se quest'esperienza si è chiusa con un dramma. San Giovanni Paolo II diceva che la montagna, che crea un legame particolare con la natura e le sue creature, aiuta ad essere purificati dall'egoismo".
"Sono venuto da Roma - afferma dal pulpito Francesco Mancini, del Cai e del Club 2000 metri Cime dell'Appennino - in rappresentanza delle centinaia di amici di montagna che Gianpiero aveva nell'Italia centrale e che oggi non possono essere qui. L'ho conosciuto il 24 maggio di quattro anni fa. Ne è nato un rapporto autentico. Si è sempre distinto per la sua eleganza e dialettica, per la sua onestà intellettuale, la sua cultura... Presente a tutte le assemblee, anche se lontane... Per questo avevamo deciso di tenere il prossimo incontro annuale qui, nella città dove siamo oggi, per riconoscenza verso quelli che, come Gianpiero, abitano sotto le cime della Majella. Non abbiamo fatto in tempo... Nel mio cuore sarà per sempre l'anima d'Appennino che in occasione del mio compleanno salì sopra la montagna disegnando sul cielo azzurro: 'Auguri per i tuoi primi 50 anni'. Grazie per il sorriso, la gioia e la felicità che ci hai regalato lungo i sentieri che abbiamo percorso insieme".
"Nel salire le montagne esprimeva felicità. E, certo, non si poteva impedirgli di essere felice. Ora quando andremo in montagna, - chiude commosso il fratello - tu ci accompagnerai. Buona scalata, Gianpiero!" Scrociante applauso.
Serena Giannico
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