Condanna del Csm per il giudice che ha presieduto processo megadiscarica Bussi
Perdita di due mesi di anzianità sia per aver svolto un'attività imprenditoriale, incompatibile con la sua attività di magistrato, sia per aver tenuto un comportamento gravemente scorretto nei confronti dei giudici popolari del processo di primo grado sulla discarica Bussi, di cui lui era presidente. Si chiude così il procedimento disciplinare a carico del giudice Camillo Romandini, ora consigliere alla Corte d'appello di Roma, ma all'epoca dei fatti presidente della Corte d'Assise di Chieti. La condanna è stata inflitta dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ed è più lieve rispetto alla richiesta dell'accusa, di Alfredo Pompeo Viola, sostituto procuratore presso la Corte Suprema di Cassazione, ossia... “sospensione dalle funzioni con conseguente collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura e sospensione dallo stipendio per la durata di sei mesi”. 
Il cuore del procedimento a carico del magistrato riguarda vicende legate al processo sulla mega discarica di veleni della Montedison a Bussi sul Tirino (Pescara). Quel processo celebrato a Chieti in primo grado si concluse con l'assoluzione di 19 imputati dal reato di aver avvelenato le falde acquifere, mentre il reato di disastro ambientale venne derubricato in colposo e, quindi, prescritto. Una sentenza ribaltata in appello: all'Aquila fu riconosciuto l'avvelenamento colposo delle falde, seppure prescritto, e ci fu la condanna di dieci imputati per disastro colposo. Ed è in questo contesto che nasce il caso Romandini. Alcuni giudici popolari del processo di Chieti hanno rivelato al Fatto Quotidiano di aver ricevuto, durante una cena tenuta a tre giorni dalla sentenza, "suggerimenti" da parte di Romandini che li aveva informati che in caso di eventuale condanna degli imputati per disastro ambientale doloso, invece che per disastro colposo, avrebbero potuto dover rispondere in proprio. Un atteggiamento ritenuto censurabile, perché il giudice, secondo l'accusa, avrebbe "paventato infondatamente" le conseguenze dell'eventuale condanna degli imputati per disastro ambientale doloso, anche "mistificando gli effetti della normativa sulla responsabilità civile dei magistrati". Ma il caso Bussi-Romandini passa alla storia anche per un’altra cena, quella tenuta in casa di Vincenzo Dogali nell’imminenza della sentenza del 2014: Romandini vi aveva partecipato con l’ex governatore Luciano D’Alfonso, parte civile nel processo Bussi. L'ipotesi, alla fine non ritenuta attendibile, era che Romandini avesse anticipato il suo parere a D'Alfonso. 
C'è poi l'ultima questione: il giudice ha svolto attività di imprenditore, nel settore agricolo, che non è consentita ai magistrati.
14 settembre 2018

Foto Ansa.it
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