E' candidato a geoparco Unesco, con le caratteristiche della sua montagna, una grande barriera corallina emersa e un serbatoio calcareo che fornisce acqua a tutto l'Abruzzo meridionale: il Parco nazionale della Majella vive un momento decisamente insolito, con i centri visita chiusi al pubblico per il lockdown legato all'emergenza Covid-19, anche se le attività non si sono mai fermate.
"Siamo un ente pubblico e la nostra attività amministrativa prosegue, così come abbiamo garantito assistenza nelle emergenze - spiega il direttore Luciano Di Martino - e cerchiamo comunque di essere vicini a chi vuole tornare presto a visitare l'area protetta con dirette su Facebook. Siamo arrivati a farne anche quattro a settimana, su diversi temi, monumenti, borghi, aspetti biologici. Abbiamo cercato così di coinvolgere i nostri operatori dei centri visita, la categoria sociale che risente di più, in questo momento, della impossibilità di fare escursioni in montagna".
E mentre si attendono le disposizioni per disciplinare la riapertura dei musei si pensa a come dotare delle necessarie misure di sicurezza i centri visita di Caramanico (Pescara), di Lama dei Peligni con il giardino botanico e di Palena (Chieti), nonché i tanti punti informativi, come quello di Sant'Eufemia a Majella (Pescara), anch'esso con un giardino botanico, e quello di Roccamorice (Pescara). Si stava lavorando, prima dell'emergenza, alla riapertura del museo di Iuvanum, a Montenerodomo (Chieti), dove dovrà essere attivato un nuovo punto informativo. Tra le strutture caratteristiche del Parco nazionale della Majella c'è la "banca del germoplasma", dedicata alla conservazione di piante rare e alla salvaguardia della biodiversità vegetale.
"Si tratta di flora spontanea e specie coltivate che rischiano di scomparire - spiega Di Martino - Preservare la biodiversità e contrastare l'erosione genetica delle specie vegetali è l'obiettivo della 'banca' che, nata nel 2005, è uno dei 18 nodi della rete italiana del germoplasma. Conserviamo i semi di queste specie rare e cultivar agronomiche, raccogliamo i semi che, disidratati e congelati, possono rimanere vitali anche cento anni". Negli ultimi anni il Parco si è dedicato "alla valorizzazione delle attività agricole e zootecniche tradizionali e sostenibili", prosegue Di Martino, ricordando il progetto 'Coltiviamo la diversità' e quello più recente degli 'allevatori della montagna madre', con un documentario presentato nel febbraio scorso che racconta la zootecnia sostenibile. Abbiamo instaurato una rete di collaborazione tra ente e agricoltori custodi e ristoratori custodi e spero che possa essere un valido sostegno, per loro, per ripartire. Spero anche che il futuro della programmazione agricola veda le aziende agrozootecniche come fulcro della rinascita dopo l'emergenza".
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