Lanciano. Sparatoria tra albanesi: spunta un quinto uomo. Il mistero della pistola

Lunga maratona di interrogatori ieri per far chiarezza sulla sparatoria alla zona industriale di Lanciano – Follani dove la sera del 18 aprile sono rimasti feriti due giovani albanesi che vivono a Lanciano (Ch).

Arrestati per concorso in tentato omicidio quattro connazionali, incensurati, residenti a Fossacesia e Altino (Ch). Prima novità è la presenza all’incontro - scontro di un quinto albanese appartenente al cosiddetto gruppo aggredito. Circostanza tenuta nascosta giacché l’intero impianto probatorio è stato determinato dalle testimonianze. Altra circostanza venuta fuori è che tutti negano di avere con sé la pistola usata e, di conseguenza, di aver sparato colpi con una calibro 38. Quella pistola ancora non si trova. Di certo l’unico ad essere stato sottoposto all’esame dello Stub, tampone per il recupero di tracce di polvere da sparo, è stato il presunto sparatore Altin Pojana, 39 anni, di Fossacesia, difeso dall’avvocato Luigi Immanuel Aloè.

Si attendono i risultati di laboratorio affidati ai Ris di Roma. Dopo essersi avvalsi della facoltà di non rispondere dinanzi al gip Massimo Canosa i quattro hanno chiesto di voler raccontare la propria versione e ieri sono stati sentiti in video conferenza dal procuratore capo di Lanciano Mirvana Di Serio, ognuno dalle rispettivi carceri dove sono detenuti: Lanciano, Vasto, Pescara ed Isernia.

Oltre tre ore di racconto, dalle 9.45 alle 13, su quanto accaduto la sera dell’inutile far west che ha lasciato a terra O.K, 26 anni, centrato alla schiena da un secondo colpo di pistola, il primo non è esploso, e che ha riportato lesioni alla quarta vertebra della colonna con danno midollare e l’insorgenza della paraplegia: dovrà fare riabilitazione per sperare di tornare a camminare. Altro ferito, colpito alla testa con una spranga di ferro, è E. S., di 22 anni.  

Pojana, che si è visto respingere la scarcerazione dal tribunale del Riesame, unitamente ad Amarildo Ferko, 23 anni, difeso da Silvana Vassalli, ha esordito affermando di non aver portato nessuna arma. "Bisogna vedere quando la pistola è spuntata e da chi – argomenta l’avvocato Aloè -. Vediamo se si delinea uno scenario diverso". Il valzer degli interrogatori è stato aperto da Behar Gjoka, 22 anni, e Florence Kurt, 25 anni, entrambi difesi dall'avvocato Gaetano Pedullà. "Gjoka – dice Pedullà – ha confermato il casuale incontro sul Corso di Lanciano nel pomeriggio con l’altro gruppo e che si sono salutati. Poi si sono di nuovo incontrati e alcuni dell’altro gruppo ha dato loro... dei barboni". Ne è scaturita una zuffa con schiaffi e pugni. "Poi ha ricevuto telefonate per l’appuntamento serale per chiarire - aggiunge Pedullà – ed hanno trovato anche un quinto uomo. Ha detto di non essere andato a fare a pistolettate, ma sul posto c’è stata una breve rissa prima del colpo di arma da fuoco". Rissa non contestata ai quattro se non il tentato omicidio, lesioni personali aggravate e porto abusivo di armi. Florence Kurt ha fatto identica deposizione. "I giochi non tornano su quando accaduto – dice Pedullà -. Volevano parlare alla buona ma sono stati aggrediti. L’altro gruppo è andato lì per menarsi".  Poi Amarildo Ferko, che era seduto dietro alla Mercedes di Pojana, ha detto di non aver avuto risentimenti sul primo screzio. "Sapeva dell’incontro chiarificatore – dice l’avvocato Vassalli - ma non ha partecipato. Ha sentito uno sparo ma armi non ne ha viste". 14 mag. 2021

Walter Berghella

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