Ha le sembianze di uno di quei classici pasticci all'italiana... E' querelle senza fine quella che vede protagoniste, in questi giorni, le gloriose architetture lignee del tratto di costa che va da Ortona a Vasto-SanSalvo (Ch), un tempo adibite solo alla pesca, conosciute come "trabocchi". Ma vediamo perché, partendo da una breve e necessaria cronistoria legislativa, per capire fino in fondo.
Il loro recupero ha inizio nel 1994, con una legge regionale (la numero 93), che stanzia ben 550 milioni di lire. Successivamente, negli anni, altre leggi regionali consentono di rifinanziare la loro ristrutturazione, con fondi pubblici fino all’ 80% esse sono la numero 99 del 1997, con 600 milioni; la 71 del 2001, ancora con 500 milioni e la 13 del 2009, che addirittura estende il recupero anche ai trabocchi da molo denominati caliscendi o bilancini ossia, come recita testualmente la norma, "strutture costituite da una trave in legno inclinata ed aggettante verso il mare con all’estremità una rete tesa da telaio quadrangolare con baracche destinate a proteggere i pescatori e le loro attrezzature da eventi meteorologici".
Benché definiti "beni culturali primari", le prime due leggi appaiono carenti nella regolamentazione di tali strutture, poiché ancora non se ne poteva prevedere un così diffuso utilizzo ricettivo e turistico, che si è poi sviluppato nel tempo. Dal 2001, la legge 71 inizia a introdurre diversi obblighi per il loro uso in tal senso: per la prima volta si parla, nella stagione balneare, di attività di ristorazione con uso di prodotto ittico locale, delle zone limitrofe e comunque del mare Adriatico. Addirittura, un’integrazione del 2005 restringe l’uso del prodotto ittico alla pesca della sola struttura, poi subito abrogato dalla successiva legge del 2009, che ristabilisce quanto già previsto nel 2001.
Ma altri vincoli vengono imposti, come il rilascio del nulla osta per la ristrutturazione, da parte del Comitato regionale per i beni ambientali; la vigilanza edilizia ed urbanistica da parte dei Comuni, anche con riferimento al Piano demaniale marittimo municipale che, come è noto, prevede una superficie di estensione possibile che varia, a seconda del Comune, da 50 a circa 100 mq. Enti che sono chiamati ad un’attenta vigilanza anche per l’autorizzazione stagionale all’attività di somministrazione di alimenti e bevande sulle strutture stesse che, a sua volta è sottoposta al possesso di altri requisiti, quali norme igienico-sanitarie, lo smaltimento di rifiuti solidi, dei liquami e reflui derivanti da operazioni di lavaggio e pulizia. Infatti, gli scarichi delle cucine e/o dei servizi igienici devono essere debitamente allacciati alla rete fognaria comunale.
Inoltre, propedeutico è anche il certificato di collaudo, redatto da un tecnico abilitato, che il traboccante deve depositare in Comune e solo allora l’Ente può rilasciare, a sua volta, il certificato di agibilità, indicante il numero massimo di persone che possono sostare contemporaneamente sulla struttura. Tutti questi requisiti previsti dal certificato di agibilità devono essere attestati ogni anno dal traboccante al Comune, per essere a sua volta autorizzato a svolgere attività di ristorazione. Ovviamente, tutte le leggi regionali in materia ribadiscono divieto assoluto di realizzare qualunque intervento di trasformazione edilizia, ad eccezione di quelli strettamente necessari per la loro funzionalità e superamento delle barriere architettoniche.
Tuttavia, venticinque anni di norme non hanno mai posto limiti alle effettive dimensioni dei trabocchi, lasciando libertà di interpretazione e conseguenti azioni. Le storiche macchine da pesca, nella maggior parte dei casi, sono state ampliate, sono cresciute puntualmente. Talvolta a dismisura. E la vigilanza chiesta ai Comuni? Possibile che sindaci e amministratori dei centri che si affacciano sul litorale, puntuali fruitori dei trabocchi e delle loro prelibatezze, non si siano mai accorti delle trasformazioni in atto? E le autorizzazioni rilasciate stagionalmente dai tecnici degli uffici municipali preposti? In base a quali criteri sono state date?
L'estate passata ecco le verifiche della Guardia costiera di Ortona (Ch). Ecco l'inchiesta e la denuncia, lo scorso ottobre, alla Procura di Lanciano (Ch) di quattro traboccanti di Rocca San Giovanni e di uno di Fossacesia per le superfici delle strutture cresciute del 300% rispetto ad autorizzazioni e concessioni avute, oltre a 1.000 metri quadrati sottratti a spazi pubblici. La situazione precipita. Viene ancora da chiedersi: prima della Guardia costiera dal mare, chi non ha controllato da terra?
Ora, con l'inchiesta in atto, cominciano a muoversi i Comuni. Lo scorso 10 maggio, quello di San Vito Chietino ha ordinato la cessazione immediata dell’attività di ristorazione sul trabocco denominato "Valle Grotte". Stessa sorte tocca a "Vento di scirocco", sempre a San Vito. Stop alle cene anche su "Pesce Palombo" a Fossacesia, che ha fatto ricorso al Tar che ha respinto la sospensiva sub cautelare.
Situazione che spinge quattro consiglieri regionali Sabrina Bocchino e Fabrizio Montepara (Lega), Lorenzo Sospiri (FI) e Guerino Testa (FDI) a presentare un testo di legge di modifica ed integrazione dei precedenti. Esso prevede alcune novità rispetto al passato: una superficie complessiva di 2.000 metri quadrati (la legge del 2001 contemplava solo una fascia di 50 mq), tra specchio acqueo e componenti il trabocco; una superficie calpestabile, esclusa la passerella, di 160 mq, oltre a 50 mq di zona chiusa "per i servizi accessori connessi alla ristorazione (cucina e servizi)"; la passerella di accesso, la cui larghezza massima consentita è di mt 1,60, deve essere adeguata alle norme vigenti in materia di sicurezza. I trabocchi potranno sostenere un’accoglienza massima, tra personale ed ospiti, di 60 persone. Inoltre c'è l’obbligo di mantenere l’impianto da pesca nella forma originaria (rete e verricello).
Nei giorni scorsi, la Commissione regionale, presieduta dal consigliere Manuele Marcovecchio, ha espresso parere favorevole a maggioranza, mentre martedì, 4 giugno, il Consiglio regionale dovrebbe approvare definitivamente quella che è stata ribattezzata "legge salva trabocchi".
Sembrava essere finita così, ma no... Contro tale norma, si schierano Italia Nostra e Confesercenti Chieti che, tramite il presidente, Franco Menna, precisa: "I trabocchi sono un patrimonio per il turismo dell'Abruzzo e vanno valorizzati nel rispetto della natura e del mare; trasformarli in mega ristoranti è profondamente sbagliato. E ci sono anche problemi logistici, basti pensare ai parcheggi, alle pensiline, ai servizi igienici".
A proposito di questi ultimi, ma non solo, insorge anche la Soprintendenza che, in una lettera rivolta agli assessori al Demanio e al Turismo, rispettivamente Nicola Campitelli e Mauro Febbo, chiede un incontro urgente poiché, avendo vigilanza sui beni paesaggistici, non è stata convocata e ascoltata dalla commissione Territorio, prima che questa desse parere positivo alla legge. Ad allarmare la Soprintendenza, soprattutto i 50 metri quadrati di servizi tecnici (in particolare i bagni e probabilmente anche gli scarichi delle cucine) che non hanno rilevanza paesaggistica e che non possono essere sistemati sul trabocco, ma su terraferma: particolare, questo, non specificato dalla legge. Altra obiezione: nella norma non vengono regolamentati i sistemi di smaltimento degli olii esausti delle fritture. Che, dove vanno a finire? Gli assessori si sono dichiarati aperti al dialogo e oggi Campitelli incontra gli esperti della Soprintendenza.
Intanto, a rivendicare i meriti della nuova legge regionale, anche l’opposizione. I consiglieri Dem Silvio Paolucci e Antonio Blasioli, infatti, affermano che il Pd sin dall'inizio ha contribuito attivamente al miglioramento del testo. Delle molte proposte fatte – spiega Paolucci – segnalo la modifica che impone ai gestori dei trabocchi la tutela delle loro caratteristiche storiche. E poi i 5Stelle. "L’intero corpo della norma ha numerose lacune, ma i nostri interventi sono andati a migliorare quelle che erano le criticità più palesi: sicurezza dei fruitori, tutela ambientale e patrimonio storico. Abbiamo anche ottenuto che i trabocchi diventino accessibili per attività didattiche e culturali", affermano i consiglieri grillini Giorgio Fedele, Barbara Stella, Pietro Smargiassi, Francesco Taglieri e Marco Cipolletti.
Trabocchi e traboccanti nel mirino... Ma la Costa dei trabocchi, a cui anche Poste italiane ha dedicato un francobollo nel 2014, così oggi com'è, attrattiva e brand che richiamano turisti da tutto il mondo, non sarebbe tale se, su queste complesse palafitte, non fosse stata avviata attività di ristorazione. E se fossero state lasciate nel degrado e nell'incuria. Dice Ivano Fassiotti, dell'associazione "Noi, Costa dei trabocchi": "Sono una risorsa fondamentale per il territorio. Da tutta Italia e dall'estero vengono appositamente per mangiare sul trabocco, poi dormono in hotel oppure B&B e il giorno dopo vanno a pranzo al ristorante e magari spendono anche nei negozi. Il beneficio è per tutto l'indotto. A causa di questa convulsa e complicata situazione si sono già persi posti di lavoro e se si chiudono i trabocchi sarà una catastrofe per l'intera economia". Oggi non sarebbe il caos se gli enti preposti, da sempre, avessero fatto il proprio dovere.
Marianna Di Desidero
@RIPRODUZIONE VIETATA