La Regione riavvia il procedimento volto a valutare il progetto presentato dalla srl Di Nizio di Mafalda (Cb) per la realizzazione, in contrada Saletti di Atessa (Ch), di un impianto di sterilizzazione di rifiuti sanitari, anche infettivi, con adiacente deposito di materiali pericolosi e non.
L'istanza era stata rigettata, circa un anno fa, dal Comitato Via della Regione Abruzzo, seguendo le direttive del nuovo Piano regionale dei rifiuti. Il quale, però, con sentenza numero 28 del 28 febbraio 2019, è stato ritenuto illegittimo dalla Corte costituzionale. Niente legge di riferimento, il progetto è tornato in auge. Con la società proponente che sperava di aver superato ormai tutti gli ostacoli, e di poter ottenere immediatamente e automaticamente il Provvedimento autorizzativo unico regionale (Paur). Invece no, si riparte daccapo.
In una nota del 20 gennaio scorso la Regione, Dipartimento Politiche ambientali, elenca una serie di "autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi" che la ditta deve produrre prima di arrivare alla Conferenza di servizi conclusiva. Ma che documenti vengono chiesti? Si parte dall'Autorizzazione integrata ambientale (Aia) comprendenti i pareri tecnici di Regione, Genio civile di Chieti, Arta, Comune di Atessa (per quanto riguarda questioni urbanistiche e sanitarie), Provincia di Chieti e Asl. E ancora serve avere il quadro delle emissioni in atmosfera e della qualità dell'aria della zona di riferimento, cioè il polo industriale di Atessa; degli scarichi idrici e delle emissioni acustiche. Inoltre, poiché l'impianto sorge a un chilometro e mezzo dal Sito di interesse comunitario "Bosco di Mozzagrogna", il progetto deve essere sottoposto, ed è vincolante, a procedimento Vinca (Valutazione di incidenza ambientale). "Alla presentazione di quanto richiesto - conclude la Regione - si dovrà procedere con una nuova fase di pubblicazione dell'istanza".
Sulla questione interviene, di nuovo, anche il sindaco di Atessa, Giulio Borrelli. Che spiega: "Sono a rischio le case ed è a rischio il bosco protetto. Se si dà uno sguardo alla mappa dell'area circostante il sito affittato dalla Colansante Holding alla Di Nizio, si nota chiaramente come la distanza di sicurezza dalle abitazioni, prevista dalla legge nazionale, ossia 500 metri (vedi foto), non sia rispettata. Perché, entro mezzo chilometro, vivono decine di famiglia. A meno di trecento metri ci sono sette case con più nuclei familiari. Più in là, dentro sempre il perimetro pericoloso, se ne contano altre venti. Ai rischi per i residenti, - prosegue il primo cittadino - va aggiunto il danno per il bosco di Mozzagrogna, un grande parco popolato da specie protette. Come pure va considerata la direttiva "Seveso tre" relativa al controllo del pericolo di incidenti connessi con le sostanze pericolose potenzialmente presenti all'interno dello stabilimento. Sono obiezioni avanzate anche dalle associazioni ambientaliste (Legambiente, Wwf, Nuovo Senso Civico, Noimessidaparte, Cai) che stanno combattendo con noi questa battaglia".
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