Abruzzo. Nuova legge regionale sulle rinnovabili, ma è lite su tutti i fronti

La Giunta regionale d'Abruzzo ha approvato in data 9 dicembre 2024 le misure urgenti per l’individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all’installazione e promozione di impianti a fonti di energia rinnovabile e per la semplificazione dei procedimenti autorizzativi, come richiesto dal Governo nazionale.

Varato il 21 giugno 2024 dal ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, il decreto obbliga effettivamente le Regioni entro il 3 gennaio 2025, ad individuare le aree idonee all’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

“In 180 giorni – dichiara Nicola Campitelli, consigliere regionale delegato all’Urbanistica e al Territorio - siamo stati la prima regione in Italia a statuto ordinario che ha elaborato una base normativa per aumentare la produzione energetica di due gigawatt facendo sintesi, con non poche difficoltà, rispetto alle indicazioni europee, nazionali e alle caratteristiche ambientali e paesaggistiche del nostro territorio".

Un tour de force sicuramente degno di lode ma, dati alla mano, non necessario. Infatti il decreto del 21 giugno è stato già sospeso dal Consiglio di Stato perché oggetto di contestazione da parte di alcune imprese del settore energetico ed è in attesa di nuova udienza fissata per il 5 febbraio 2025. Uno sforzo quindi non necessario e che, se evitato, avrebbe consentito un lavoro più congruo e di maggiore coinvolgimento sul territorio, come denunciato dal Pd in sede di Consiglio regionale.

“Abbiamo espresso voto contrario all’urgenza sul disegno di legge relativo all’installazione delle fonti di energia rinnovabile – dichiara Silvio Paolucci, capogruppo consiliare del Partito Democratico - perché un provvedimento così delicato e importante non è stato condiviso minimamente con i territori e i portatori d’interesse. Gli atti non possono essere calati dall’alto. La mappatura delle aree idonee riguarda 305 Comuni e tantissimi portatori di interesse".

Il Decreto ministeriale "fissa gli obbiettivi di potenza complessiva aggiuntiva per la produzione di energia da fonti rinnovabili da traguardare al 2030, che per l'Abruzzo sono pari a 2,09 gigawatt. Considerando che una pala eolica può produrre più di 5 megawatt e che per produrre la stessa energia da un campo fotovoltaico sono necessari 20 ettari si capisce quanti nuovi impianti dovrebbero essere installati nel territorio regionale o in mare aperto", dice la Stazione Ornitologica Abruzzese (Soa).

Ma dove sorgeranno questi innumerevoli impianti e cosa comporta la loro realizzazione?

Per quanto riguarda le incongruenze sotto il punto di vista dei beni culturali la proposta inserisce tra le aree non idonee solo i "beni sottoposti a tutela ai sensi degli articoli 10 e 136, comma 1, lettere a) e b), del Decreto legislativo 22 gennaio 2004, numero 42" come si può leggere testualmente nella proposta di legge della Giunta regionale. Consultando l'articolo 136 del codice dei beni culturali si scoprire l'esistenza anche delle lettere c) e d) dell'articolo 136 e, cioè, testualmente dal decreto: "c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici; d) le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze". In poche parole si potrà costruire un mega impianto fotovoltaico a 500 metri da un borgo storico oppure un impianto eolico a 3 chilometri, distanza di poco conto per una torre di circa 300 metri di altezza e che si vedrebbe ben chiara da qualunque finestra del borgo. 

Sotto il profilo agricolo invece le aree non idonee alla costruzione sarebbero le aree agricole irrigue, per intenderci quelle aree dedicate alle coltivazioni che necessitano di irrigazione costante (ad esempio il mais) e le aree agricole con investimenti oggetto di contribuzione regionale, nazionale e unionale e le aree agricole destinate a colture permanenti, ovvero "vigneti ad esclusione di quelli destinati all’autoconsumo, frutteti, tartufaie e oliveti (questi ultimi con densità superiore a 100 piante per ettaro e superficie superiore a cinquemila metri quadrati)".

Invece un terreno coltivato a frutta o tanti piccoli oliveti con meno di 5 ettari di terra e meno di 100 piante per ettaro possono diventare... campi per energie rinnovabili. Infatti, come denunciato dall’associazione Forum H2O: "Solo le aree agricole intensive saranno aree non idonee mentre, per fare un esempio, un campo di zafferano, se non ha ricevuto fondi di investimento dagli enti negli ultimi anni, potrà essere espropriato per realizzare un mega-impianto di rinnovabili. Una forma di populismo agricolo al contrario che preferisce tutelare un campo di mais invece che una produzione di qualità. Tutto ciò, tra l'altro, quando l'introduzione dell'agrivoltaico, se ben pianificato, può permettere lo sviluppo delle rinnovabili proprio dove ci sono le coltivazioni intensive".

Le immagini evocative di una torre eolica davanti al balcone di casa o vicino ad un centro medievale, sono state dipinte con il solo scopo di rendere il più cruda possibile una vicenda già inverosimile di per sé. Il problema rimane però in quanto rimane la possibilità. Una possibilità se pur remota e solo letta tra le righe di una legge, di vedere concretamente realizzate queste immagini e allora una domanda sorge spontanea.

Almeno per una volta, almeno in ambito ambientale, culturale, paesaggistico e agricolo, come punti cardine fondamentali di questa regione, non si poteva escludere, attraverso la stesura di una legge chiara e precisa nell'ambito delle energie rinnovabili, questa folle possibilità? 11 dic. 2024

MARIANO PELLICCIARO

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