"Mentre la crescita dei contagi da Covid-19 è in esponenziale aumento in tutto il Paese, in Sevel, ad Atessa (Ch), si allentano le misure sulla prevenzione, rispetto a quanto inizialmente previsto nei protocolli".
E' quanto, denuncia, in una nota, l'Usb che, per protesta, ha anche indetto, nei giorni scorsi, uno sciopero. I cambiamenti più significativi, eccoli elencati dal sindacato... "Taglio tempo di sanificazione delle singole postazioni di lavoro ad inizio turno, da 10 a 5 minuti; reintroduzione di cambi a scorrimento in alcune Ute; continue rimodulazioni dei mix produttivi che altro non sono che mascherati incrementi dei carichi di lavoro, tornati a livelli pre-lockdown; aumenti delle linee durante la giornata". Anche perché ci sono gli ordinativi da fronteggiare.
"Per Sevel - viene aggiunto - è evidente come invece il problema sia di facile risoluzione. Basta infatti tappezzare le officine di manifesti che invitano all’uso corretto della mascherina e perseguire i dipendenti che cercano un attimo di sollievo dalla fatica, generata anche dal suo utilizzo continuato".
"Ma il coronavirus non attecchisce in Fca?", è la domanda, con attacco ai sindacati firmatari del contratto collettivo specifico e "al lassismo dei rappresentanti dei lavoratori sulla sicurezza (Rls) che agiscono anche in una posizione da abusivi poiché il mandato previsto dalla legge è scaduto da oltre 2 anni e non vengono eletti dai lavoratori da ben 5 anni".
"In questi giorni - si fa ancora presente - i sindacati firmatari si affannano ad applaudire alle 100 assunzioni annunciate, contrattualizzati per un paio di mesi tramite agenzie interinali, dimenticando completamente le centinaia di operai che da anni sono nelle officine con contratti da precari a vita (staff leasing). Non viene menzionato l’arrivo di lavoratori dallo stabilimento di Pomigliano, facendo finta che in Campania la situazione non sia poi così grave. Mentre accade tutto ciò è sparito un altro diritto dei lavoratori: le assemblee retribuite, che sembrano essere l’unico momento in cui ci sarebbe una elevata esposizione al rischio da contagio e a cui l’azienda non riesce (o non vuole) a trovare una soluzione".
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