La ferita si riapre. Nell'aula uno del tribunale di Pescara, questa mattina, al via l'udienza preliminare relativa all'inchiesta madre sul disastro dell'Hotel Rigopiano a Farindola (Pescara). L'albergo, il 18 gennaio 2017, fu travolto da una valanga che fece 29 vittime, tra ospiti e lavoratori.
A rischiare il processo sono 24 imputati, più la società Gran Sasso Resort Spa, accusati a vario titolo di crollo di costruzioni, disastro colposo, omicidio e lesioni colpose, abuso d'ufficio e falso ideologico. In aula una cinquantina di familiari delle vittime, che indossano magliette bianche, con le immagini dei loro cari scomparsi e con la scritta "29 angeli".
Presenti solo sette imputati: il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta; i suoi predecessori Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico; l’ex direttore regionale dei Lavori pubblici, Pierluigi Caputi; uno dei titolari del resort a 5 stelle, Paolo Del Rosso; l’ex direttore del dipartimento di Protezione civile, Carlo Visca e il tecnico Giuseppe Gatto. Assenti gli imputati più in vista, l'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo e l'ex presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco.
Nel corso dell'udienza, davanti al gup Gianluca Sarandrea, in 110 chiedono di costituirsi parte civile, oltre ai familiari delle vittime e ai superstiti, anche il Comune di Farindola, l'Inail e le associazioni Codacons e Cittadinanzattiva. Pm è il procuratore Massimiliano Serpi, affiancato dal sostituto Andrea Papalia e dal maresciallo dei carabinieri forestali Carmen Marinacci. L'accusa apporta qualche modfica ai capi di imputazione. Cambiato il passaggio che recita che gli ospiti del Rigopiano erano "allarmati dalle scosse di terremoto del 18 gennaio". Ad esso viene aggiunto che alcuni erano preoccupati soprattutto "per la neve che ci può cadere dalla montagna". C'è chi dunque temeva che potessero esserci slavine, cosa che accadde poi nel pomeriggio.
Le difese pretendono tempo per esaminare le richieste e l'udienza viene aggiornata, non senza polemiche, al prossimo 27 settembre. "Prima! - grida, infatti, durante il balletto di date per il rinvio, il superstite Giampaolo Matrone, dallo spazio riservato al pubblico, mentre giudice e avvocati cercano un'intesa -. Attendiamo da due anni e mezzo". Il giudice richiama Matrone, che nella tragedia ha perso la moglie Valentina Cicioni, con fermezza, ma senza eccessiva durezza, spiegandogli che si sta facendo il possibile per trovare una data ravvicinata.
"Iniziamo un percorso lungo; abbiamo in questi due anni e mezzo commemorato, ci siamo riuniti, abbiamo pianto, letto tutti gli atti e siamo stati combattivi. Speriamo che questa sia la verità che ci porti poi alla giustizia. Ora è il momento di attaccare": così Gianluca Tanda, fratello di Marco, 25 anni, tra le vittime insieme alla fidanzata Jessica, di 24.
Soddisfatto l'avvocato Romolo Reboa, che assiste i familiari di quattro vittime. "Il giudice mi è sembrato davvero capace di gestire un'udienza tecnicamente molto difficile - afferma il legale -. Finora ha mostrato di avere polso e fermezza, ma anche comprensione e umanità, tutte qualità necessarie in casi come questo".
"Sotto la neve ho perso la mia unica figlia, Jessica. Aveva 24 anni, era all'hotel Rigopiano insieme al fidanzato Marco, 25 anni. Erano 9 anni che stavano insieme ed erano andati lì solo un giorno per festeggiare l'anniversario, proprio come avevano fatto anche l'anno precedente -, ricorda Mario Tinari, di Vasto (Ch) -. La giustizia vera sarebbe che mia figlia e le altre vittime tornassero - continua - ma visto che non è possibile almeno che paghi chi ha sbagliato, che venga rimosso dal proprio incarico perché ha dimostrato una incapacità totale. Sia da monito, la vera giustizia, per chi un giorno prenderà il posto dei responsabili".
"Speriamo non sia un grande bluff e che la legge sia uguale per tutti. E' l'inizio di una grande battaglia. La nostra vita è stravolta, pretendiamo giustizia", evidenzia Francesco, fratello di Gabriele D'Angelo, morto a 31 anni.
"Ci aspettiamo venga fatta giustizia", dicono Mariangela e Pina, mamma e zia di Ilaria Di Biase, pasticciera, morta a soli 22 anni, in quell'albergo dove lavorava come cuoca. Stringono una foto della ragazza mentre gli occhi si fanno più lucidi: "Devono pagare tutti, dal primo all'ultimo. È stato un dramma che si sarebbe potuto evitare. Noi stiamo male, sempre peggio, con tanta rabbia e tanto dolore. Queste persone - aggiunge la mamma di Ilaria rivolgendosi agli imputati - secondo me non hanno coscienza di cosa accaduto, nemmeno ci pensano".
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Nelle foto i familairi delle vititme con le magliette dei loro cari