Tragedia Rigopiano. Dai pm chieste condanne per circa 150 anni; 12 per l'ex prefetto di Pescara

Omicidio, disastro colposo e lesioni. Concluse oggi, nel primo pomeriggio, le requisitorie, andate avanti per due giorni, dei pm Andrea Papalia e Anna Benigni nell'ambito del processo  per i 29 morti provocati dalla valanga che il 18 gennaio 2017 sventrò e seppellì l'Hotel Rigopiano a Farindola (Pe). Pene complessive per circa 150 anni. 

Queste le richieste della Procura, con a capo Giuseppe Bellelli, per i 29 imputati che hanno scelto il rito abbreviato, beneficiando quindi della riduzione di un terzo della pena. Per l'ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, 12 anni  di carcere; per i dirigenti della Prefettura, Ida De Cesaris, 9 anni di reclusione, e Leonardo Bianco, 8 anni.  

Sei anni di reclusione chiesti per l'ex presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco, mentre per i dirigenti dell'ente, Mauro Di Blasio e Paolo D'Incecco, 10 anni. Per il sindaco di Farindola (Pe), Ilario Lacchetta la pubblica accusa ha calcolato 11 anni e 4 mesi, così come pure per Enrico Colangeli, dirigente comunale. Gli ex sindaci di Farindola, Antonio De Vico e Massimiliano Giancaterino per i pm debbono avere  6 anni. 

I dirigenti della Regione Abruzzo, Pierluigi Caputi, Emidio Rocco Ernesto Primavera, Sabatino Belmaggio, Carlo Giovani, Carlo Visca 5 anni; Vincenzo Antenucci 7 anni. Per Bruno Di Tommaso, che mandava avanti l'albergo demolito, chiesti 7 anni e 8 mesi. Per il geologo Luciano Sbaraglia 4 anni; per Giulio Honorati, dirigente provinciale, 4 anni e per il suo collega Tino Chiappino, 3; per Andrea Marrone due anni e sei mesi di reclusione; un anno per il tecnico Giuseppe Gatto. 

Per quanto riguarda la vicenda del depistaggio in Prefettura chiesti, per Giulia Pontrandolfo e Daniela Acquaviva, 2 anni e 8 mesi; per Giancarlo Verzella, invece, 2 anni.

Chiesta l'assoluzione, per intervenuta prescrizione, per Antonio Sorgi, all'epoca dei fatti ai vertici della Direzione parchi territorio ambiente della Regione Abruzzo e per i funzionari della Prefettura, Sergio Mazzia e  Salvatore Angieri. Reato prescritto per Paolo Del Rosso, altro gestore del Rigopiano e sanzione pecuniaria di euro 200mila per la Gran Sasso Resort & Spa Srl. 

L'accusa ha puntato l'indice sulle responsabilità dei dirigenti comunali e provinciali nella gestione dell'emergenza e della viabilità, sconvolta per il grave maltempo di quei giorni, e sui permessi urbanistici: l'albergo era stato realizzato in una zona già colpita da valanghe e di conseguenza avrebbe dovuto essere chiuso, dato il pericolo che c'era, e la strada provinciale, unica via d'uscita, sgomberata. Invece vi si ammassarono metri di neve, intrappolando ospiti e lavoratori dell'hotel di lusso. 

E' stata scandagliata anche l'attività della Regione Abruzzo per la mancata realizzazione e approvazione della Carta Valanghe: pesanti le richieste per i dirigenti regionali in quello che è stato definito "un collasso di sistema", anzi "un fallimento dell'intero sistema" della Protezione civile.

Insufficiente, secondo la ricostruzione dei pm, il comportamento della Prefettura per la mancata tempestività ed efficacia nell'emergenza, tanto che è proprio per l'ex prefetto Provolo la richiesta della condanna più severa, appesantita dal filone del cosiddetto depistaggio, che in aula il capo della Procura Bellelli ha liquidato sottolineando che "non ci sono grandi misteri oggi da svelare".

"C'è stato - ha rimarcato Bellelli - l'inefficienza grave della Prefettura, non ci sono grandi depistaggi italiani: non c'è un anarchico che cade dal balcone della Questura, non ci sono tracce scomparse dal cielo di Ustica, non c'è una agenda rossa trafugata. Parliamo di un prefetto di provincia che lascia cadere nel vuoto una richiesta di aiuto".

"Abbiamo atteso tanti anni e sentire questi passaggi, ricostruiti alla perfezione dai pubblici ministeri, è  terribile – afferma Gianluca Tanda, presidente del Comitato vittime -. Sono molto scosso, ho incrociato gli sguardi di tante madri che piangevano e non è stato affatto facile".

"Possiamo ritenerci soddisfatti del lavoro della Procura, che in maniera certosina ha esaminato il caso, anche se nessuno ci può ridare nostra figlia, il suo sorriso e i suoi progetti. Speriamo ora che la Corte  accolga le richieste dell'accusa", dice Mariangela Di Giorgio, mamma di Ilaria Di Biase, di Archi (Ch), deceduta sotto le macerie dell'Hotel Rigopiano. Ilaria aveva 22 anni e il sogno di diventare pasticciera: è una delle 29 vittime del disastro del 18 gennaio 2017, quando l'albergo a quattro stelle in cui lavorava da tre anni come cuoca, è stato devastato dalla slavina.  24 nov. 2022

SERENA GIANNICO

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