Sciagura Rigopiano. Quella telefonata... scomparsa: sette indagati, tra cui ex prefetto Pescara
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Depistaggio nelle indagini sulla sciagura dell'Hotel Rigopiano, sventrato da una slavina e sotto le cui macerie e una coltre di ghiaccio e detriti sono morti in 29. E' l'accusa che, insieme al reato di frode in processo penale, ora, il procuratore capo di Pescara, Massimiliano Serpi, e il sostituto Andrea Papalia, muovono all'ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, e ad altri sei rappresentanti dell'Ufficio territoriale del Governo. Sette, infatti, gli avvisi di garanzia notificati nelle scorse ore. A far finire il personale della Prefettura sotto inchiesta è una telefonata effettuata prima del disastro, ma che sarebbe sparita. E' diventata... fantasma, forse deliberatamente occultata. Oltre all'ex prefetto, trasferito nel 2017 a Roma con l’incarico di direttore dell’Ufficio centrale ispettivo presso il dipartimento dei Vigili del fuoco, sono inquisiti i due viceprefetti distaccati Salvatore Angieri e Sergio Mazzia, e i dirigenti Ida De Cesaris, Giancarlo Verzella, Giulia Pontrandolfo e Daniela Acquaviva. Angieri è l'attuale vicario del prefetto di Macerata e commissario prefettizio di Treia, nelle Marche, mentre Mazzia è il vicario del prefetto di Crotone. 

Cardine del nuovo fascicolo è la chiamata che il cameriere del resort distrutto dalla valanga, Gabriele D'Angelo fece dal luogo di lavoro alle 11.38 del 18 gennaio 2017, giorno della tragedia. Quella mattina alle 10.25 era stata avvertita una prima scossa di terremoto di magnitudo 5.1, con epicentro nell'Aquilano, e da giorni continuava a nevicare e in alcune località mancava la corrente. Nel resort gli ospiti volevano andarsene, erano terrorizzati, ma isolati. D'Angelo contattò prima il Coc di Penne e poi il Centro coordinamento soccorsi presso la Prefettura per sollecitare, anche dopo il sisma, lo sgombero delle strade impraticabili e forse della struttura ricettiva. Ma di quella conversazione, di 230 secondi, non c'è più traccia. Non è tra quelle estrapolate dai Ris dal cellulare di D'Angelo e non è nei brogliacci consegnati dalla Prefettura di Pescara alla Mobile per permettere l'accertamento dei fatti. 

Ma è saltata fuori dalle indagini eseguite, di recente, dai carabinieri forestali, insospettiti da un'altra telefonata acquisita precedentemente e avvenuta, sempre il 18 gennaio, tra un carabiniere del 112 di Pescara e la funzionaria della Prefettura, Daniela Acquaviva, già alla ribalta delle cronache per aver liquidato le prime disperate richieste d'intervento dall'hotel con la frase... "La mamma degli imbecilli è sempre incinta".
  Sono le 18.09 del 18 gennaio quando il militare parla con la funzionaria. L'albergo è sepolto da un'ora e venti minuti. Lui spiega ad Acquaviva di aver ricevuto la telefonata di “un certo Quintino Marcella”, ristoratore, che lancia l'allerta e racconta il dramma che si è appena consumato tra le montagne. Ad avvisarlo è stato Giampiero Parete, un suo dipendente, che è al Rigopiano con la famiglia in vacanza. La dirigente taglia corto: "L'Hotel Rigopiano è già stato fatto stamattina. C’erano problemi, sono stati raggiunti e sta tutto apposto". E il carabiniere …:"Ah, ma sto deficiente mi ha fatto spaventare. Mi ha detto: 'Guardi è crollato l'Hotel Rigopiano e ci sono delle persone dentro'". La funzionaria lo tranquillizza chiarendo che: "Ma no l'intervento l'hanno fatto questa mattina". In sottofondo poi altre voci che archiviano il tutto con... "Una montatura...”. L'operatore del 112 tira un sospiro di sollievo... "Ah addirittura è uno scherzo...". La telefonata di D'Angelo è quella che ha fatto scattare l'allerta nella mattinata da incubo, trascorsa tra la bufera, il sisma e l'impossibilità di potersi spostare dato che le arterie erano state bloccate dalla tempesta. 

Che la telefonata “scomparsa” fosse fondamentale, erano convinti i familiari di D'Angelo, che hanno insistito, con i propri legali, affinché si facesse luce su questo aspetto, presentando un esposto il 6 novembre scorso. “Li potevano salvare. Mio fratello era uno strutturato: sapeva quello che faceva. Siamo gemelli e se, come penso, ha chiesto l'evacuazione dell'hotel, vuol dire che avevano veramente paura”, dichiara Francesco D'Angelo, fratello di Gabriele, e sottolinea: “Mio fratello chiamò mia madre alle 16.30, pochi minuti prima della valanga perché sapeva dove agganciare la cellula del telefonino, vicino al cancello. Lui era fiscalissimo - evidenzia - si sarà qualificato, avrà spiegato. Noi parenti ci restiamo malissimo, perché lo Stato li doveva proteggere e invece... Perchè la Prefettura ha nascosto la telefonata? Lui ha chiesto aiuto e nessuno gli ha dato retta, di questo sono certo”.
28 dicembre 2018

Serena Giannico

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