Resta il mistero sulla morte del marinaio Giuseppe Antonio Gelsomino, 21 anni, di Lanciano (Ch), graduato di 2a classe (VFP1), deceduto lo scorso 6 agosto per un colpo di pistola alla testa sulla nave "Staffetta" ancorata al porto di Brindisi.
La Procura indagava per istigazione al suicidio ma ora il pm Pierpaolo Montinaro ha chiesto l’archiviazione per suicidio non avendo a supporto forti e diversi indizi probatori. L’avvocato Daniela Giancristofaro, che patrocina la famiglia Gelsomino, chiederà al gip di proseguire le indagini e riaprire il caso. Pronta una corposa memoria difensiva.
"Nulla quadra nel fascicolo giudiziario e troppe sono le incongruenze – dice Giancristofaro -. Il consulente della Procura non è riuscito a trovare il pin del telefonino Samsung di Giuseppe e ha rinunciato all’incarico. Cellulare riconsegnato alla famiglia. Inoltre sulla pistola Beretta calibro 9 neppure l’esame del luminol della scientifica ha fatto esaltare sulle superfici contatti papillari di chi l’ha maneggiata. Fallite pure le indagini dattiloscopiche. E’ come se la pistola fosse stata... pulita".
Per la famiglia della vittima, papà Paolo, mamma Daniela, la sorella Giorgia, c’è profonda delusione, anche se almeno le indagini della Marina non sono ancora chiuse. Nel fascicolo contro ignoti non c’è traccia neppure dei controlli degli ultimi contatti di Giuseppe, gioioso e che aveva progetti di vita, attraverso le celle telefoniche. A mezzanotte e mezza aveva parlato con la mamma, due ore dopo era morto con un proiettile che gli ha trapassato la testa, zona fronto temporale destra uscita a sinistra, con foro di meno di due centimetri. Pistola appoggiata alla cute, dal basso verso l’alto con inclinazione del 15%. Giuseppe era marinaio non armato impossibilitato ad accedere all'armadietto delle pistole, aveva un proiettile anche in tasca.
"Il 118 è giunto alle 7.30 del mattino - aggiunge la Giancristofaro -. Sulla nave c’ erano solo due persone, tra cui un capo di seconda classe che è andato a dormire alle 2. Possibile che nessuno abbia sentito lo sparo. Chiederò al gip anche esperimenti giudiziali sulla nave. Come avrebbe fatto Giuseppe, a cui era vietato e dunque non autorizzato, ad avere le chiavi dell’armadietto, aprire il lucchetto, prendere la pistola e richiudere?"
Attraverso questa dolorosa esperienza, il papà Paolo fa appello ad altri genitori che hanno figli in corpi militari di fare attenzione e dice: "Non si è sereni e tranquilli, non sono ambienti sicuri, e non si mai con chi parlare. Poca la trasparenza". 07 mag. 2022
WALTER BERGHELLA
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