Una partita di ansiosi, malandati e insicuri, trasformatasi durante il suo corso in un match di disperati.
Questa è stata la gara tra Venezia e Pescara, terminata in parità 1-1 dopo 96 minuti di puro mal di pancia da tensione. Un punto che, in questo momento della stagione, per le due società piantate a un passo dai play out, vale più di quanto dica il semplice movimento in classifica. Primo pareggio esterno della stagione per gli abruzzesi che finora non avevano avuto mezze misure lontano dall’Adriatico.
Lo stadio Pier Luigi Penzo, quest'anno terra di conquista in lungo e in largo, più che in laguna ieri dava l'impressione di poter sprofondare nella palude più nera in caso di sconfitta di una delle due contendenti. Venezia e Pescara ci hanno provato fortemente, nonostante le assenze da una parte e dall'altra, a portare a casa il risultato pieno, se non fosse che i limiti tecnici e caratteriali di alcuni elementi in campo hanno costretto nelle sabbie mobili mister Dionisi e il collega sull'altra panchina Sottil. Quest'ultimo ha confermato il modulo ad albero di Natale, sfruttando il rientro di Scognamiglio in difesa e affidandosi all'esperienza di Del Grosso sulla sinistra. Per il resto, squadra che pareggia (capite che ci dobbiamo accontentare di quanto passa il convento) non si cambia. Si capisce sin da subito che la posta in palio è alta e prima il Venezia colpisce duro, ma la rete è annullata giustamente per fuorigioco, poi Pescara ci prova con Galano e Zappa, ma non è fortunato.
A questo punto Galano decide di spezzare gli equilibri reagendo a una provocazione di Montalto, trasformandosi in Trinità che schiaffeggia Wild Cat Hendriks davanti al bancone del saloon e lo sceriffo Massimi di Termoli non ha dubbi: gli dice che non si fa e lo spedisce a fare il bagnetto. Il tutto solamente al 23’. Il Pescara riesce a tirare avanti fino alla fine del primo tempo sul risultato di parità, aggrappandosi al disordine dei suoi uomini d'ordine a centrocampo, poi Sottil decide di cambiare Palmiero e Busellato, più anonimi dell'anonimo veneziano.
Ma la ripresa inizia nel peggiore dei modi: il neo entrato Firenze, prima che si riesca a dire Indiana Jones indovina la rete del vantaggio arancioneroverde rendendo rosa la metà del cielo dei veneti e nera quella dei biancazzurri. Insomma, un pastrocchio. Sottil si rende conto che dopo il pareggio interno di qualche giorno fa, una eventuale sconfitta esterna rappresenterebbe se non la débacle, l'inizio della fine per il Pescara: dentro Clemenza, quindi, con il compito di fare il bello e il cattivo tempo in campo.
E lui, prendendolo in parola, si abbatte in maniera assolutamente inclemente sugli avversari, passando dalla copertina anti umidità della panchina alla copertina del migliore in campo sovvertendo la partita. È il biondo attaccante, infatti, che causa l'espulsione di Caligara che ristabilisce la parità numerica in campo. L'inclemente Clemenza troverebbe anche un nuovo fallo da espulsione (altra manata in faccia da parte di Fiordilino), ma Massimi, stasera ai minimi storici, non se la sente di tirare fuori un altro rosso nei confronti dei lagunari, sventolando solo un innocuo giallo che sa più di arancione. Chi invece viene spedito ai Piombi del Palazzo Ducale è il team manager biancazzurro, Gessa, a causa delle proteste successive alla mancate espulsione.
Fiorillo fa il super in uscita su Monachello, mantenendo il risultato in bilico e consegnando a Clemenza il Leone d’Oro: questo prima fa gridare al gol con un tiro a giro e poi inventa un assist di serie A per l'unico giocatore davvero di un’altra categoria e in grado di scavare la fossa all'avversario, ovviamente Zappa. L'inerzia è tutta in favore del Pescara che prova a pungere per una possibile vittoria clamorosa, ma nel finale si accontenta come chi pensa che uno è meglio di zero. Il che è una banalità. Banale come certi incroci di fine campionato che ti ricordano che, a poche giornate dalla fine, se ti chiami Davide e hai bisogno di punti, se ti impegni e lo vuoi fortissimamente, puoi vincere anche contro Golia.
Fernando Errichi
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