'Caro ospedale di Atessa ti scrivo... '. Insolita lettera... di storia e d'amore

Una lettera, molto particolare, arrivata alla redazione dei Abruzzolive.tv. Una lettera speciale, se no altro per il destinatario... che è l'ospedale di Atessa (Ch). La pubblichiamo integralmente...

"Caro ospedale, ti scrivo perché… ti voglio bene.

E’ tempo di corona-virus, tempo di solitudine, di riflessioni e di ricordi. Abito a Pescara ma sono nata in Atessa e tu mi conosci bene perché i miei figli sono nati nel tuo reparto di maternità. Ed essi sono stati battezzati nella tua cappella perché allora, 50 anni fa, si riteneva che un bambino battezzato a pochi giorni dalla nascita aiutasse un’anima a lasciare il Purgatorio e salire in Paradiso.

Io sono qui chiusa in casa e seguo quotidianamente, con grandissima attenzione, la cruciale situazione che stai attraversando. Sapevo naturalmente che eri stato sacrificato alla spending review decisa dal presidente Monti e dalla sua squadra di tecnici, sapevo anche che con il decreto Lorenzin del 25 febbraio 2016 avevi perso il tuo status di ospedale ed eri stato riconvertito a struttura dedicata a svolgere attività sanitaria di natura distrettuale, riabilitativa ed erogativa di cure intermedie. Un giro di parole per dirti che avresti perso dei posti letto. E purtroppo tanti. Ti hanno tagliato 100 posti letto e fino a pochi giorni fa potevi elargire la tua accoglienza e la tua professionalità soltanto a un ristretto numero di pazienti che necessitano cure riabilitative.

Lentamente ti hanno portato via tutto: hanno smontato una moderna sala operatoria attrezzata con strumentazione di ultima generazione, hanno tolto il reparto di Medicina interna, quello di Analisi, il reparto di Ostetricia e, man mano, medici altamente qualificati sono stati costretti ad abbandonarti. Hanno svuotato un ospedale di eccellenza che, dopo il sisma del 2009, era stato riconosciuto come uno dei pochi ospedali in Italia costruito con criteri antisismici.

Come tu sai, noi ti chiamiamo ospedale nuovo perché sei l’emanazione dell’ospedale vecchio, un antico edificio posto al centro del paese che per lunghi secoli ha accolto, curato, guarito, fatto nascere migliaia di piccoli. E tu hai lo stesso Dna dell’ospedale vecchio, non per niente ne hai ereditato il nome “San Camillo De Lellis “ , il santo di Bucchianico precursore della Croce Rossa. Esso ti ha trasfuso la sua storia così profondamente antica fatta di generosità, di dedizione e di forza. E tu ricordi tutto. Dapprima fosti sede della Confraternita di San Rocco che già nel 1584 sosteneva l’ospedale per i poveri infermi, i cittadini malati di mente e i viandanti. Nel 1603, accogliesti i monaci Carmelitani che durante la peste del 1657 si distinsero per la loro opera di misericordia e carità verso gli ammalati. Agli inizi del 1800 i Carmelitani dovettero abbandonarti ma tu, ostinato, non volevi cambiare le cose, capivi che il tuo destino era segnato, dovevi continuare a prenderti cura degli altri.

Cambiasti nome e ti chiamarono ospedale civile. Grazie alla generosità e alla dedizione dei medici locali, diventasti un sostegno anche per i numerosi paesi vicini tanto che nel 1934 la casa madre delle Suore di San Camillo De Lellis ritenne opportuno inviare un gruppo di suore per coadiuvare l’opera dei sanitari. Tu fosti felice della loro venuta. E queste donne, di una bellezza serena e soave, che si muovevano leggere nelle corsie indossando i loro abiti immacolati e la grande croce rossa stampata sul petto, fecero miracoli. Con la loro sobria delicatezza portarono all’interno delle tue mura una straordinaria competenza professionale e illuminarono le tue stanze con il loro sorriso, vera medicina per l’anima. Le suore di San Camillo mostrarono anche notevoli capacità organizzative istituendo una scuola per infermieri che formò personale specializzato andando a qualificare ulteriormente le prestazioni mediche dell’ospedale San Camillo De Lellis.

E poi vennero gli anni della guerra. Ricordi quanti profughi accolse Atessa ? Essa si trasformò in un rifugio per disperati, un crocevia di gente che chiedeva aiuto accolti generosamente dai suoi abitanti. E certamente ricordi quando, ancora ferito dai cannoneggiamenti, accogliesti il 4° Centro Servizi Medici per le truppe della 2° Divisione neozelandese che operava sulla linea del fronte a nord di Atessa.
Tanti giovani erano morti ed erano stati feriti nella battaglia del Sangro e l’esercito alleato ti stimò in grado di salvare i suoi ragazzi perché già fornito di sala operatoria e personale qualificato. Dal 20 novembre al 31 dicembre, tu schiudesti le tue braccia e trattasti 751 pazienti. Le operazioni principali eseguite furono 198, mentre 186 pazienti ricevettero trasfusioni di sangue. Negli anni recenti alcuni figli di quei ragazzi salvati all’interno dei tuoi reparti sono venuti fin qui per ringraziarti.
La guerra terminò e tu continuasti a operare con impegno. La tua reputazione si diffondeva in tutto l’Abruzzo grazie al buon nome del professore Manfredi Campana e alla sua équipe.

Come ti ricordavo, diventasti un centro di eccellenza e nel 1956 si cominciò a parlare della costruzione di un ospedale nuovo. In una riunione tenutasi il 20 febbraio 1956 il consiglio di amministrazione, presieduto dal professor Umberto Rancitelli, discusse un urgente progetto di ampliamento dell’ospedale “per poter far fronte ai ricoveri che si sono moltiplicati in questi ultimi mesi, le cifre relative agli ultimi due anni, sono chiaramente indicative: nell’anno 1954 si sono avuti 1.382 ricoverati, mentre nel successivo anno 1.955 i ricoverati sono saliti a 1.799. Nei primi due mesi del corrente anno l’incremento ha rivelato una tendenza ad accentuarsi tanto da dover utilizzare tutti gli spazi disponibili, anche senza una perfetta rispondenza alle esigenze dettate dalle norme sanitarie”.
Nello stesso anno si deliberò la costruzione dell’ospedale nuovo. L’ingegnere Guido D’Onofrio di Atessa e l’ingegner Gaspare Lenzi, di Roma, furono incaricati della tua progettazione.

L’esecuzione dei lavori venne affidata alla Società Generale Costruzioni di Pescara e l’ingegnere Guido D’Onofrio ne diresse i lavori. E chi meglio di lui poteva essere scelto per questa ambiziosa realizzazione. Era stato nominato tecnico comunale il 27 aprile 1944 dal professor Cardona, sindaco di Atessa e dal maggiore John Golden, ufficiale dell’Allied Military Government. Nominato per svolgere un lavoro immane, ricostruire Atessa distrutta dagli eventi bellici con la maggiore economia realizzabile.
E ci riuscì. Con la stessa abnegazione seguì la tua nascita e la tua crescita, mattone dopo mattone. I lavori furono portati avanti superando ostacoli inimmaginabili e, nei giorni 18 e 20 febbraio 1969, l’ingegnere Enrico Caizzi De Marinis, ispettore del ministero dei Lavori Pubblici collaudò i manufatti portati a termine. Ed eccoti qui. Bello, arioso, spazioso, razionale, orgoglio di tutti.

Il distacco dal vecchio ospedale avvenne gradualmente, non lo si poteva far soffrire con un drastico taglio. Tu, giovane ospedale cominciasti a lavorare con entusiasmo ma nell’aria si sentiva che qualcosa stava cambiando. Il lessico riferito agli ospedali stava subendo una mutazione. Si cominciò a parlare di Azienda sanitaria. Ma i vocaboli azienda e ospedale costituiscono un ossimoro. Un’azienda deve produrre profitti mentre un ospedale deve curare persone. Gli obiettivi quindi sono completamente diversi.

E cominciarono col cambiarti il nome. Avevi perso la tua qualifica ed eri diventato presidio di area disagiata, ospedale di prossimità (tipo negozio di prossimità). Ti avevano declassato, strappato le stellette ed ora ti hanno perfino derubato i tuoi 16 posti letto. Eppure sono certa che se le autorità preposte alle grandi decisioni ti affidassero un compito difficile quale le tragiche vicende odierne richiedono, saresti in grado di dare il meglio di te stesso.

Mi sono accorta di aver scritto tanto e di questi tempi in cui le immagini contano più delle parole, sarà difficile trovare un’emittente disposta a pubblicare la mia lettera rivolta a te caro mio amico. Ma sentivo il bisogno di raccontare la tua storia gloriosa per farla conoscere al dottor Thomas Schael. Il dottor Schael ingegnere tedesco e brillante manager, certamente bravissimo nel far quadrare i conti, deve sapere che non sei un ospedaletto di periferia, tirato su in fretta e furia in epoca di boom economico. Tutt’altro.

Hai un curriculum brillante di tutto rispetto e per la regione Abruzzo l’ospedale San Camillo De lellis è una risorsa e non un problema. Noi, comunque, terremo i fari accesi.
Come ti avevo detto, è tempo di riflessioni e di ricordi e mentre sono qui di fronte a un mare imbronciato ma sempre bello, penso al mio paese di fronte alla Majella. Un paesaggio conosciuto a memoria e, improvvisamente, ti senti parte di una lunga vicenda umana, anello di una catena di avvenimenti banalissimi e vertiginosamente profondi quali sono appunto il nascere, il vivere e il morire".

Carmelita D’Onofrio Flocco

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