Trenta misure cautelari e 42 indagati complessivi. 

La Polizia di Stato, nelle prime ore di questa mattina, ha dato esecuzione all’ordinanza con la quale il Tribunale di L’Aquila, a seguito di un’inchiesta della Procura di L’Aquila, diretta dal procuratore Alberto Sgambati, e coordinata dal sostituto Roberta D’Avolio della Direzione Distrettuale Antimafia, ha applicato 30 misure cautelari per i reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e per i reati di detenzione e cessione di droghe. In particolare ci sono state 26 misure cautelari in carcere; 3 arresti domiciliari; un obbligo di dimora.

L’attività di indagine, svolta dal novembre 2022 al giugno di quest'anno, dalla Squadra Mobile di L’Aquila, diretta da Roberta Cicchetti, e dalla Sezione Investigativa del Servizio Centrale Operativo di L’Aquila, diretta dal commissario capo Manuel Napolitano, e con il supporto dello Sco di Roma, e con intercettazioni telefoniche ed ambientali, ha permesso di accertare come L’Aquila fosse la base logistica ed operativa di un’associazione a delinquere, finalizzata allo spaccio al dettaglio di cocaina, composta da 28 persone che presentano una comunanza di luoghi di origine (Albania, Italia e Macedonia) ed alcuni vincoli parentali tra loro.  Contestualmente è stata eseguita una perquisizione a carico di altre 12 indagati per i reati di detenzione e/o cessione di cocaina con il ruolo di pusher del gruppo criminale. Sono state, quindi, complessivamente indagati in 42.

L’organizzazione, operante prevalentemente in Abruzzo e anche nel Lazio, era in grado di gestire e commercializzare apprezzabili quantitativi di cocaina con un portafoglio clienti di circa 650 acquirenti e con un movimento d’affari considerevole che si stima intorno a 1 milione e 966 mila euro. Il gruppo era caratterizzato da una chiara ripartizione di ruoli e di compiti; da una gerarchia interna definita; dalla stabilità del vincolo in ragione della sussistenza di rapporti di parentela e di comunanza di origine tra gli associati; da basi logistiche comuni; dalla disponibilità di numerose autovetture nella maggior parte dei casi intestate a soggetti “terzi” ed utilizzate all’occorrenza dagli associati che ne avevano bisogno per realizzare una cessione o dai vertici per gli approvvigionamenti; dalla disponibilità di “telefoni di lavoro”, che venivano di volta in volta affidati ai pusher; dall’operatività in un territorio ben definito e con piazze di spaccio specificatamente individuate; dalla capacità di assicurarsi un rifornimento costante e continuo di consistenti quantitativi di cocaina, attraverso plurimi canali di approvvigionamento.

Il sodalizio faceva in modo da riuscire a mutare i luoghi e le modalità di spaccio per eludere i controlli delle forze dell’ordine, optando per consegnare a domicilio e in luoghi specifici convenuti. Tre le piazze aquilane stabili di spaccio del gruppo: una alla periferia di L'Aquila, in zona Pile; la seconda poco fuori il centro e la terza, e più importante, in un appartamento in cui abitavano alcuni pusher, ubicato in pieno centro vicino al Parco del Castello.

In questo covo, luogo di dimora di uno dei vertici dell’associazione e della sua compagna, venivano fatti confluire i quantitativi di stupefacente da cedere al dettaglio; veniva svolta, con continuità, un’attività di preparazione e confezionamento di dosi e avvenivano gli incontri con finalità organizzative, con pianificazione dei rifornimenti e scelta delle strategie operative. E’ qui che rientravano quanti erano impegnati nelle attività di spaccio svolte quotidianamente, per effettuare ulteriori rifornimenti di dosi, per consegnare il denaro ricevuto, per fare il rendiconto dell’attività svolta, per ricaricare i telefoni, per aiutare nel confezionamento e per assaggiare le nuove partite di cocaina.

Interessante sottolineare - spiegano in Questura a L’Aquila - come, dall’attività tecnica, sia emerso che, al momento dell’ingresso nell’associazione, si conclude, per utilizzare le parole di uno dei vertici, “un contratto a tempo indeterminato”. E’ tale tipologia di accordo che questi offre ad uno dei soggetti che vuole affiliarsi e che poi, di fatto, si affilia dicendogli esplicitamente che può scegliere di essere retribuito a “cottimo” ossia a pezzo venduto o “a tempo” ossia in base al numero di ore di lavoro effettuate. L’associazione, verticisticamente organizzata, prevedeva al vertice tre soggetti, di nazionalità albanese, macedone ed ucraina, che si occupavano dell’approvvigionamento della sostanza stupefacente e dettavano le direttive e gli ordini ai sodali per la gestione dell’attività di spaccio riscuotendone tutti i proventi; al livello intermedio 9 affiliati che prendevano parte alla “riunioni” strategiche del livello apicale ed, infine, 14 soggetti con il ruolo di pusher.

Le attività di oggi sono state eseguite con il supporto del Servizio centrale Operativo e con la collaborazione di personale delle Squadre Mobili di Ancona, Ascoli Piceno, Campobasso, Chieti, Foggia, Perugia, Pescara, Teramo, Napoli, Caserta, Isernia, Latina, Macerata, Roma, Terni, Viterbo, Frosinone, delle Sisco di Ancona, Roma, Salerno, Campobasso e Perugia e con il supporto dei Reparti Prevenzione Crimine di Pescara, Vibo Valentia, Cosenza, Napoli, Roma e Bari, di due unità cinofile delle Questure di Pescara ed Ancona e del Reparto volo di Pescara. 18 nov. 2024

@RIPRODUZIONE VIETATA

totale visualizzazioni: 638

Condividi l'Articolo