Ricoverato in una stanza blindata dell'ospedale "San Salvatore" dell'Aquila, il mafioso Matteo Messina Denaro, ammalato di cancro, è in coma irreversibile da ieri.
Nei giorni scorsi i medici hanno interrotto la chemio - il fisico del boss è troppo debilitato per sopportarla - e l'hanno prima sottoposto alla terapia del dolore, poi alla sedazione. Il capomafia di Castelvetrano ha voluto indicare in un testamento biologico le sue volontà specificando di non voler subire accanimento terapeutico. Una disposizione precisa che obbliga i sanitari a idratarlo, ma a non rianimarlo e a non alimentarlo.
In giornata, in presenza del suo avvocato, che è anche il suo tutore legale, i sanitari interromperanno tutte le ultime procedure che lo tengono in vita. Da allora non è prevedibile quanto il paziente possa resistere. Giorni, ore....
Il 62enne è ricoverato in una cella del reparto per detenuti, assistito dagli specialisti. Gli è stata sospesa l'alimentazione parenterale per endovena. Ieri il peggioramento rapido di uno stato di salute già compromesso dovuto a complicanze del tumore al colon che gli fu diagnosticato nel 2020.
Un endoscopista di Castelvetrano eseguì gli accertamenti che portarono alla scoperta della patologia, per cui il capomafia è stato operato una prima volta a Mazara del Vallo, poi, per la asportazione di metastasi al fegato, una seconda volta alla clinica Maddalena di Palermo, dove il 16 gennaio scorso è stato arrestato: vi si era recato per le cure. Nonostante i cicli di chemio a cui è stato sottoposto durante la latitanza, quando si faceva chiamare col nome di Andrea Bonafede, l'uomo, che è sempre stato consapevole della complessità della sua malattia e della prognosi infausta, non si è mai ripreso.
Dopo che è stato preso, nel carcere dell'Aquila è stata predisposta una infermeria attigua alla cella. Dall'istituto di pena il capomafia è uscito due volte per sottoporsi a interventi chirurgici, l'ultimo dei quali ad agosto. Da allora, per disposizione dei dottori, non è più tornato in cella. Comprendendo che fosse ormai giunto alla fine, sono stati autorizzati i colloqui con alcuni familiari.
Intanto, sia la Direzione sanitaria della Asl dell'Aquila sia le istituzioni, in allerta dall'8 agosto scorso, giorno del ricovero, stanno organizzando le fasi successive alla morte del boss e quelle della riconsegna della salma alla famiglia, rappresentata dalla nipote e legale Lorenza Guttadauro e dalla giovane figlia Lorenza Alagna, riconosciuta recentemente e incontrata per la prima volta nel carcere di massima sicurezza dell'Aquila nello scorso aprile. Lei in questo momento sarebbe al suo capezzale.
Il boss, non ha però mai potuto vedere la sorella a lui più affezionata, Rosalia Messina Denaro, arrestata nei mesi scorsi per mafia. E' perquisendo la sua abitazione che i carabinieri del Ros hanno potuto ricostruire la malattia del fratello, il nome farlocco usato per le cure riuscendo così a porre fine alla latitanza.
In questo quadro sono state rafforzate le misure di sicurezza assicurate da polizia, carabinieri e Guardia di finanza con il sostegno dell'esercito.
Scorrono i titoli di coda sulla storia del boss riuscito a sfuggire alla cattura per 30 anni. Dall'arresto, è stato interrogato più volte dai pm di Palermo precisando, fin dal primo incontro, che non avrebbe mai collaborato con la giustizia. E così è stato. Anzi nel corso del primo interrogatorio, con aria sfottente, non ammettendo neppure di far parte di Cosa nostra, ha detto al procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e all'aggiunto Paolo Guido, che hanno coordinato le indagini per la sua cattura, che se non fosse stato malato e costretto a ricorrere alle cure della clinica, lo Stato non l'avrebbe mai preso.
Come accadde a suo padre, Ciccio Messina Denaro, che morì di infarto durante la latitanza e venne fatto trovare pronto per la sepoltura in una campagna. 23 set. 2023
@RIPRODUZIONE VIETATA