"Mi piegavo per i dolori al petto. Tossivo. Avevo febbre altissima. Ero fisicamente stremato. Sentivo addosso una stanchezza incomprensibile". Per quattro volte ha chiesto di poter effettuare il tampone. Nulla.
Dal 24 dicembre al 2 gennaio per Umberto Nasuti (nella foto), 50 anni, architetto di Lanciano (Ch), ben conosciuto in città, sono stati giorni carichi di sofferenza. Sono state feste infernali. Soprattutto ha sperimentato l'inefficienza del sistema sanitario. Fin troppo.
In sottofondo sentiamo i macchinari, respira a fatica. Ora è ricoverato al Covid hospital di Pescara. "Non avrei mai immaginato - racconta al telefono - che potesse andare così. Ho la polmonite bilaterale causata dal Covid-19".
E' la vigilia di Natale quando avverte i primi decimi di febbre. "Mi sono isolato in casa, - dice - ho mandato via tutti per prudenza". Chiama il suo medico. E' in ferie e lo sarà fino al 27 dicembre. "Stavo male. Precauzionalmente ho chiamato la guardia medica per fare un tampone: 'Noi non lo possiamo fare'", gli viene risposto. Nasuti deve attendere tutto il ponte, fino a lunedì 28: "Tramite il mio medico ho fatto la prima richiesta di tampone. Continuavo a non sentirmi bene. Avevo... fame d’aria, respiravo a fatica". Passa del tempo. Parte la seconda richiesta di tampone, che rimane... aria fritta. Non succede alcunché. "E io continuano a peggiorare". Alcuni giorni e parte la terza richiesta. Col risultato, però, identico alle precedenti. A Capodanno - riferisce - "ho chiamato direttamente la guardia medica di Chieti i cui sanitari, sbalorditi per l’assenza, fino a quel momento, di qualsiasi controllo, sono riusciti ad inviarmi, nel pomeriggio, personale Usca (Unità speciali di continuità assistenziale)". I risultati, fra elettrocardiogramma e saturimetro, sono chiari. Nasuti ha bisogno del ricovero. Ma viene lasciato nella propria abitazione. E niente tampone, perché la squadra intervenuta non è abilitata a fare test. Il 2 gennaio i sanitari tornano e va sempre peggio.
A quel punto viene prelevato dalla propria abitazione e portato, in ambulanza, all’ospedale "Renzetti" per accertamenti. "E qui - prosegue - inizia una trafila che non finisce più! Hanno avuto il coraggio di lasciarmi per due ore e mezza dentro l’ambulanza davanti al Pronto soccorso". Tossisce al telefono mentre riferisce del suo calvario: "Un'infermiera, alla fine, mi ha somministrato il tampone rapido, dentro l'ambulanza. Sono risultato positivo". Ma a quel punto lui era già certo di aver contratto il coronavirus, dati i sintomi.
Dopo il responso viene dirottato a Pescara. Vi arriva di sera. La sorpresa giunge nel capoluogo adriatico. Trascorre un’altra ora e mezza dentro l'ambulanza fino a che: "Mi dicono che devono rispedirmi indietro perché dall’ospedale di Lanciano non era stata inviata la documentazione necessaria". La misura a quel punto è colma: "Mi tenevo appena in piedi, barcollavo, non so come ho fatto a reggermi per le scale. Ma sono riuscito a gridare tutto il disappunto. Mi sono infuriato come una belva". Dopo le urla per Nasuti si aprono le stanze dell’ospedale Covid: "Devo ringraziare gli operaotri del Pronto soccorso che hanno subito capito la mia situazione". Nasuti è rimasto a lungo, in attesa del ricovero, senza poter mangiare né poter andare in bagno. Stremato.
Da alcuni giorni è sottoposto alle terapie del caso, repiratore compreso. "Va leggermente meglio - afferma -. E' una brutta malattia e ho sperimentato tanta inconcludenza e superficialità. Come si può attendere tutti quei giorni per un tampone? Come si può stare senza risposte e senza cure? E se al mio posto ci fosse stato un anziano affetto anche da altre patologie? Che sarebbe successo?" 05 genn. 2021
Alessandro Di Matteo
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