Coronavirus. 'In diverse aziende della Val di Sangro i lavoratori 'fragili' emarginati'

Una lettera che ogni singolo lavoratore “fragile” potrà inviare all’azienda. In soccorso dei lavoratori di Abruzzo e Molise arriva il sindacato perché “davanti ai drammi non siamo tutti uguali” e, ahimè, “l'attuale modello di sviluppo creerà sempre le condizioni affinché le categorie più deboli paghino il tributo più alto”. In tempo di Covid-19 i “fragili” sono certamente, e sfortunatamente, alcune categorie di lavoratori. E' la denuncia della Fiom-Cgil Abruzzo-Molise. Ricapitoliamo.

 "Strano a dirsi, in realtà - evidenzia Fiom - ma diverse aziende della Val di Sangro, tramite i medici competenti, a causa del coronavirus, inviano lettere ai dipendenti che ritengono iper-suscettibili, perché hanno problemi di salute o malattie pregresse, invitandoli a non presentarsi sul posto di lavoro e a rivolgersi al medico curante perché questi ne dichiari l’idoneità al lavoro”.

Ma "i medici di base non hanno la competenza per stabilire l’idoneità di un lavoratore a una specifica mansione". Inoltre "la terminologia 'invito' mette in forte difficoltà questi lavoratori, i quali, si trovano a decidere del loro destino assumendosi direttamente l'onere di una scelta critica, frutto solo di una delicata condizione di salute".

Accade così, e per Fiom, "né il Governo né le imprese cercano di fare uno sforzo in più per non essere la causa dell’eventuale emarginazione di questi lavoratori". E' uno di quei casi classici di "buchi legislativi".

Cosa può accadere in concreto? Che “i lavoratori ‘fragili’ saranno di più tipi, quelli che potranno utilizzare il codice di malattia V07 (come previsto dalla legge – ndr) e quelli che vedono una estensione delle patologie da parte delle aziende o quelli ai quali i medici di base non ritengono di poter applicare il codice V07. I primi, compatibilmente con il regime degli ammortizzatori sociali, vengono considerati in malattia equiparata ad un
ricovero ospedaliero e quindi le giornate di assenza, pur essendo salvaguardate dal punto di vista economico, impattano in termini di conservazione del posto di lavoro; gli altri seguiranno le regole previste dalle circolari Inps se in malattia, o saranno in cassa
integrazione se l’azienda potrà utilizzare gli ammortizzatori sociali”. Invece, fa notare ancora la Fiom, "se il lavoratore ritiene opportuno può non andare al lavoro per salvaguardare la propria salute ma se il medico di base non ravvisa le condizioni di malattia, o viene posto in cassa integrazione con una forte perdita economica, oppure rischia di restare a casa ma senza stipendio".

La "palla della decisione" è nella mani del lavoratore: se costui "è afflitto da una patologia e quindi il medico di base ne certifica lo stato di malattia, il lavoratore può trovarsi davanti a
due situazioni: la prima è che gli viene pagata la malattia; la seconda è che, qualora l'azienda abbia attivato la cassa integrazione, il lavoratore fragile viene collocato in regime di ammortizzatore sociale".

Ma, è la domanda, "che colpa hanno questi lavoratori se devono fare i conti con ‘fragilità’ che non consentono temporaneamente di lavorare?”

Alessandro Di Matteo

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