Casalbordino. Gettò la moglie dal ponte ammazzandola. 'Vedevo nero, il diavolo mi possedeva'

E’ stato un racconto drammatico quello fatto oggi in Corte d’ Assise a Lanciano (Ch) da Angelo Bernardone, 76 anni, di Casalbordino (Ch), che il 26 dicembre 2021 gettò nel vicino greto del fiume Osento la moglie Maria Rita Conese, 72 anni, malata di Alzheimer e grave demenza vascolare. 

"Quel giorno – ha raccontato l’uxoricida - mi sono fermato sul ponte sul fiume Osento dove mai mi ero fermato prima, mi chiedo perché l’ho fatto. Io non c’ ero con la testa, vedevo nero. C’è stato qualcosa che mi ha fatto uscire di senno. Non so chi mi ha dato la forza di prendere di peso mia moglie dalla macchina e gettarla giù. E’ stato come uno scatto, un istinto, c’era un diavolo che mi possedeva e che mi ha convinto a fare quel gesto".

L’imputato, difeso dall’avvocato Vincenzo Cocchino, ha risposto a tutte le domande e precisato: "Dopo il pranzo di Santo Stefano – ha ricordato – lei è voluta andare al cimitero ad Atessa (Ch) dove sono i genitori, che credeva ancora vivi. In macchina ancora liti perché diceva di non aver bisogno di me. Ha aperto la portiera della Panda per andarsene a piedi, ma aveva la cintura di sicurezza e non è riuscita a toglierla".

"A mia moglie volevo bene e non le ho fatto mai mancare nulla. La sua malattia si è aggravata dopo essere stata operata per un tumore al seno. Il giorno prima della tragedia avevo deciso di ricoverarla in un centro anziani, anche se costava 1.500 euro tanto quanto la mia pensione".

Per il suo legale Cocchino: "La situazione era esasperata, con disperazione sia da parte della povera vittima che del marito per una condizione non più sostenibile e poi il crollo psicologico che ha portato al gesto inconsapevole. Ha visto il buio e ha creduto che un demonio lo guidasse. Nonostante la limitatezza economica, l'imputato aveva deciso di portare la donna in una casa di cura impegnando il proprio tfr".  

La parte civile, con i quattro figli della vittima, è patrocinata dall’avvocato Giampaolo Di Marco: "La lucida consapevolezza dell’imputato ci restituisce la solitudine, che non giustifica il gesto estremo, che ancora una volta il processo ha portato all’attenzione. La Corte deciderà, ma il nostro compito è mantenere saldo il rapporto familiare che non è facile".

La Corte d’Assise, presidente Massimo Canosa, giudice a latere Maria Rosaria Boncompagni,  emetterà la sentenza il prossimo primo dicembre. Pubblica accusa è Vincenzo Chirico.  20 ott. 2023

WALTER BERGHELLA

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