Non più solo "Gabriele d’Annunzio" nella denominazione dell’Università degli studi di Pescara-Chieti. Si fa concreto, infatti, lo scenario che vedere l’ateneo abruzzese prendere il nome di Università dell’Adriatico. La proposta, avanzata nei mesi scorsi dal rettore Sergio Caputi, ha già ottenuto l’approvazione del Senato accademico e del Consiglio di amministrazione, ed ora attende di diventare esecutiva. Anche se non è stata ancora ratificata... A stoppare la ratifica è stato proprio il rettore: "L’ho fatto per correttezza istituzionale. La decisione dell’integrazione del nome dell’ateneo spettava solo a noi. E noi l’abbiamo presa. Ma prima che diventi realtà a tutti gli effetti ho chiesto al Cda di poter parlare con i rappresentanti delle istituzioni di Chieti e Pescara". L’entusiasmo del rettore, secondo cui il cambio di denominazione rappresenterebbe un’opportunità per rendere l’istituto più internazionale, sembra in effetti non essere condiviso da tutta la politica. A favore il sindaco di Chieti, Umberto Di Primio.
Nella schiera dei contrari si trova, invece, il consigliere regionale Mauro Febbo che, in un incontro con il rettore, ha spiegato i motivi per cui la nuova denominazione non sarebbe auspicabile. “Ritengo questa scelta poco identitaria – dichiara Febbo - e non identificatrice di quella specifica area metropolitana che da sempre ha portato avanti scelte programmatiche lungimiranti e sacrifici economici per poter dare lustro alla nostra Università”.
"Non c'è nulla di campanile in questa mia posizione, - sottolinea Febbo - anzi, tutt'altro, e chi conosce la mia storia politica e amministrativa sa chiaramente che non soffro di questa sindrome, tantomeno sono condizionato dalle prossime elezioni”.
Secondo Febbo, il nuovo nome evocherebbero altre città, più importanti, del versante adriatico, tra cui Trieste, Venezia, Ravenna, Ancona e Bari, senza, dunque, ricollegarsi in maniera chiara al territorio abruzzese e all'area metropolitana Chieti -Pescara. “Mentre oggi – spiega ancora il consigliere - il nome di D'Annunzio è immediatamente riconducibile al nostro territorio. Inoltre la denominazione di Università dell’Adriatico può sembrare uno scivolamento verso la costa ed un abbandono di quei territori interni, collinari e montani che rappresentano per l’Abruzzo una peculiarità imprescindibile”.
Il consigliere poi sostiene che un’operazione analoga non seguirebbe il trend attuale delle ridenominazioni: “Se vediamo - fa presente - come le altre Università stanno adeguando le proprie denominazioni, e penso a quella di Lecce modificata in "Salento", mi sembra che il mio ragionamento condiviso dalla stragrande maggioranza dei cittadini, dei professori, personale dipendente e alunni sia coerente e corretto”.
E sulla vicenda in tanti si sono scatenati sui social. "Terme romane" di Chieti? Non ci andrò fino a che non le rinomineranno Terme dell'Adriatico", ironizzano nel gruppo "Chieti su Facebook". "Università dell'Adriatico..., così ricorda meglio lo stadio di Pescara", scrive Fabio Stella, che aggiunge: "Esprimo solo due considerazioni banali: 1) i politici di Chieti non contano niente, 2) evidentemente i vertici dell'Università non si sono accorti che gli studenti iscritti nel 2012 erano 30.000, mentre nel 2017 sono 25.000". Alfonso Tricarico rincara: "... Solo a dirsi sembra uno scioglilingua. E il che è al limite tra il ridicolo e l'incredibile. Sia per le presunte motivazioni per cui ciò è avvenuto, sia per le modalità con cui si è arrivati a questa decisione. Se è vero che si vuole puntare al rilancio della nostra Università a livello nazionale ed internazionale, possibile che l'unica grande strategia che gli viene in mente e quella di cambiare il nome? Abbiamo studenti seduti per terra, palazzi che crollano a pezzi, segreterie inefficienti, corsi di laurea non abilitanti con il solo scopo di rubare soldi alle famiglie, un sistema di incrocio tra università ed offerta di lavoro efficiente quanto gli autobus di Roma, professori che amano il loro lavoro esattamente quanto Trump ama la Corea del Nord, a Chieti non esiste ancora una casa dello studente, ecc... E quale strategia migliore per risolvere tutto ciò se non impegnarsi per cambiare il nome di un' Università con oltre 50anni di storia?"
20 luglio 2018
Alessandra Rambaldi
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