Sevel. 'Gliwice una spina nel fianco che potrebbe significare delocalizzazione'

"In Sevel attualmente lavorano in 6.780, ma solo 5.522 sono dipendenti diretti. Non c’è stato nessun nuovo assunto, neanche per rimpiazzare i tanti che sono andati in pensione in questi ultimi 2/3 anni e altri li raggiungeranno. Lo stabilimento di Atessa perde quindi occupazione locale, nonostante i record raggiunti".

E’quanto afferma la Uilm, per voce del segretario di Chieti-Pescara, Nicola Manzi, all’indomani della lunga fermata produttiva, di circa due settimane, della fabbrica del Ducato, quasi senza precedenti e conclusa oggi: la ripartenza è col turno delle 22.15, dato che è arrivata una partita di componenti dall'Asia. 

"La crisi nell’approvvigionamento dei semiconduttori sta solo anticipando ciò che si vivrà tra qualche mese, con l’avvio dello stabilimento polacco di Gliwice - rimarca -. A rischio ci sono posti di lavoro e produzioni che saranno delocalizzati altrove, via dalla Val di Sangro". Preoccupa sì la mancanza della componentistica, che sta mettendo in ginocchio l’intero settore automotive mondiale, ma ancor di più "la potenziale concorrenza che potrebbe derivare dalla Polonia, dove dal 2022 si comincerà a realizzare il Ducato”.

Un sito nuovo di zecca che è "una spina nel fianco per Sevel, che si ritrova con un concorrente agguerrito in casa e la perdita definitiva del suo monopolio, visto che era l’unica in Europa a creare di veicoli commerciali leggeri. Oggi sappiamo che il potenziale produttivo di Sevel è di 300mila furgoni, così come è ormai noto che inizialmente in Polonia saranno prodotti circa 50mila mezzi per poi arrivare a 100mila pezzi all’anno. Una volta a regime però, la presenza stessa di Gliwice provocherà lo spostamento del lavoro all’Europa centrale. Stellantis toglie a Sevel ciò che può produrre, a minor costi e migliori condizioni economiche, in Polonia. E’ la fine di un’era".

"La politica di Stellantis è ormai chiara anche sull’utilizzo dei trasfertisti – evidenzia  il segretario Uilm –:  si favorisce la manodopera interna, invece che effettuare nuovi innesti dal territorio, scardinando in questo modo decenni di accordi per favorire e incentivare l’occupazione locale. Alla luce di questa situazione è oltremodo urgente che le organizzazioni sindacali, unitariamente, chiedano all’azienda garanzie e chiarimenti per evitare l’apertura di una crisi che potrebbe portare a un impoverimento economico e sociale". 

Bisogna "mettere in atto iniziative a tutto campo – conclude Manzi –. Difendere Sevel significa non solo preservare il futuro dei suoi 5mila dipendenti diretti e di 20mila addetti che ruotano attorno a questa realtà, ma anche preservare una importante voce del Pil della regione Abruzzo che vede in Sevel detenere il 13% del totale”. 22 set. 2021

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