L’area archeologica di Murata Bassa, situata in località Marina nel Comune di San Vito (Ch), nel mirino dei vandali e dei ladri.
L’importante insediamento romano-bizantino è da anni in totale stato di degrado e abbandono e quindi meta preferita di devastatori che giorno dopo giorno stanno asportando e rubando pietre e mattoncini, specialmente dalla parte superiore dei muri. Azioni che potrebbero portare gradatamente ad un inesorabile smembramento dei resti. L’Archeoclub di San Vito Chietino ha quindi segnalato la grave situazione alla Soprintendenza archeologica dell’Abruzzo, al Comune e alla polizia locale per fermare lo scempio.
“Tutto ciò – scrive l’associazione – è reso possibile dal fatto che il sito storico è praticamente aperto giorno e notte, senza nessun tipo di controllo, nemmeno di videosorveglianza. In pratica restano sempre aperti sia l’accesso principale, rivolto verso il mare e dotato di cancello, sia quello secondario posteriore prospiciente la pista ciclopedonale”. L’Archeoclub chiede quindi alle autorità un intervento urgente, prima di tutto per mettere in sicurezza l’area e poi per avviare adeguati lavori di riparazione e restauro delle parti danneggiate. La storia del sito inizia nell’aprile del 1991, quando la Soprintendenza eseguì una prima serie di sondaggi sulla piccola collina situata a ridosso della spiaggia. I saggi durarono circa dieci di giorni, tempo sufficiente per intuire che la zona in esame nascondeva un complesso di strutture di notevole interesse. Tre anni dopo, e più precisamente il 22 aprile 1994, un nuovo team di tecnici della Soprintendenza, sotto la direzione dell’ispettore archeologo Andrea Staffa, diede inizio alla esplorazione integrale del sito.
Già dai primi giorni i ricercatori ottennero esiti positivi, accentrando le operazioni di sondaggio maggiormente sul versante meridionale della collina. Le indagini restituirono una stratificazione rilevante per la ricostruzione delle varie fasi storiche di San Vito. Affiorarono le vestigia di un’antica costruzione di epoca tardo repubblicana, con basamenti di colonne a sezione quadrata e circolare. Nell’area sorgeva in sostanza un impianto tecnologico particolare, realizzato intorno al I secolo dopo Cristo in opera incerta e con ciottoli di fiume, rinvenuto per la prima volta in regione e in discreto stato di conservazione. La struttura era adibita a fornace, dove si producevano oggetti fittili e in particolare lucerne, delle quali sono state trovate ben tre matrici. Quella delle matrici è stata una scoperta veramente eccezionale. Questi materiali, infatti, si trovano raramente e in genere si disperdono, tant’è che in Abruzzo, fino a quel momento, non era mai capitato di trovare simili manufatti.
Il posto restituì anche una gran quantità di materiale ceramico del tipo a vernice nera, databile in età tardo repubblicana. La parte più antica risulta quindi ascrivibile al I secolo dopo Cristo. Tra i vetusti ambienti ecco inoltre riaffiorare un discreto numero di monete in bronzo, di varie dimensioni e collocabili nel periodo tardo antico, e diversi aghi in osso del periodo bizantino. Nella fornace scovate lucerne intere in terracotta del III-IV secolo dopo Cristo. Furono identificate ed esplorate diverse sepolture, alcune sconvolte, di età molto tarda (VI secolo), con modesti corredi funerari. I ricercatori trovarono inoltre una zona con cisterne ben conservate di grosse dimensioni, relative ad una struttura più ampia, sempre del VI secolo, oggi non ancora completamente esplorata. Portati alla luce anche alcuni particolari oggetti utilizzati in epoca romana per giochi da tavolo del I-II secolo. Uno dei reperti rinvenuti era in pratica una pedina circolare di terracotta, di circa tre centimetri di diametro, che faceva parte probabilmente di una scacchiera per giocare ai “latrunculi”, una via di mezzo tra la dama e gli scacchi. Insieme alla pedina venne alla luce anche un astràgalo in osso di animale, che veniva utilizzato nel cosiddetto gioco delle “cinque pietre”.
Dopo un primo abbandono, avvenuto intorno al III secolo, il luogo fu successivamente rioccupato intorno al VI secolo, probabilmente per la presenza bizantina sulla costa abruzzese, le cui tracce sono state lette sia nei livelli archeologici di Lanciano, sia in quelli di Crecchio. 23 mag. 2022
VITO SBROCCHI
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