Coronavirus. Chieti. 'Mia madre morta a metà dicembre, non sono ancora riuscita a darle sepoltura'
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La salma, da un mese e mezzo, giace in una cella frigorifera dell'obitorio dell'ospedale di Pescara. Rosanna Di Paolo, 79 anni, di Chieti, è deceduta a metà dello scorso mese di dicembre al Covid Hospital di Pescara.

"Non è mai stata intubata, mai trasferita né in Terapia intensiva né in Rianimazione", lamenta la figlia, Marina Di Giacomo, che per ciò si è rivolta alla magistratura. E per far luce sull'accaduto è stato aperto un fascicolo.

Una vicenda carica di sofferenza quella denunciata dalla figlia che, in un corposo esposto, ripercorre l’odissea della madre morta per coronavirus, in un quadro clinico che, secondo i sanitari, era fortemente compromesso.

Dal giugno 2017 Di Paolo è ricoverata nella struttura "Villa Serena" di Città Sant'Angelo (Pe). A seguito delle misure di sicurezza anti pandemia dal 13 ottobre scorso non è stato più possibile accedere al centro per farle visita. Di Giacomo viene avvisata che potrà rimanere in contatto telefonicamente con i sanitari e in videochiamata con la mamma, "ma l’unica videochiamata che mi è stata concessa - fa presente - risale all’11 novembre e mia madre stava benissimo ed è stata l’ultima volta che l’ho vista". Qualche giorno prima, mediante la stampa, era venuta a conoscenza che a "Villa Serena" c'era un focolaio di Covid-19. Nessuno l'aveva avvertita.

Trascorre qualche settimana e il 24 novembre - spiega la figlia che, in questa vicenda, è assistita dall'avvocato Renzo Latorre di Chieti - "ho ricevuto una telefonata da parte del medico che opera presso la residenza sanitaria in cui venivo avvertita che mia madre era risultata positiva, ma che tuttavia era asintomatica". Per tranquillizzarsi due giorni dopo "ho effettuato la bellezza di diciotto telefonate presso i numeri che mi erano stati forniti, senza ricevere alcuna risposta". La Asl avvisa la donna il 27 novembre del contagio della madre. Iniziano gli interrogativi: "Come mai la Asl ha contattato me invece che la struttura da cui ha ricevuto il tampone? Come mai è stato fornito il mio recapito telefonico, e non quello della struttura che ospita mia madre, come invece era stato fatto il giorno 24 novembre quando sono stata contattata dal medico della rsa per essere avvisata del fatto che mia madre fosse positiva? Perché la Asl ha detto di conoscere la positività di mia madre dal giorno 27 quando io ero stata avvisata già il 24?". Interrogativi e perplessità che cominciano a incrinare il rapporto di fiducia verso il centro anziani.

Il 1 dicembre le condizioni della pensionata si aggravano, pur essendo asintomatica: tramite wahtsapp la figlia, in una conversazione con un medico, viene a sapere che "l’ossigenoterapia non era più sufficiente". "Faccio notare - continua il racconto - che loro avevano detto che mi avrebbero richiamato in caso di peggioramento: durante la conversazione il medico mi comunica che per l’appunto l’ossigenoterapia non era più sufficiente, ciò significa che mia madre era già da un po' in ossigenoterapia, e di questo non ero stata mai messa al corrente".  Nella serata alla figlia viene comunicato che non c’è necessità di ricovero."Le condizioni erano migliorate e avevano pertanto deciso di proseguire con l’ossigenoterapia fino alla mattina successiva quando l’infettivologo avrebbe deciso per un eventuale trasferimento".

Partono chiamate su chiamate nei giorni successivi. Cresce l’apprensione. Sia a casa della figlia che nella struttura sanitaria. La donna registra chiamate a vuoto, conversazioni con i sanitari.

Le condizioni dell'anziana peggiorano e viene disposto il ricovero a Pescara. L’11 dicembre - si legge nell'esposto - "alla mia domanda sul perché mia madre non fosse stata ricoverata prima, visto che le sue condizioni si erano già aggravate durante la permanenza nella rsa, la dottoressa mi ha risposto: "Non è che possono riempire il Pronto soccorso di tutti gli anziani".

Anche nel Covid Hospital ci sono problemi di comunicazione. Telefonate a vuoto, tante. Fra una conversazione e l’altra Di Giacomo apprende di un polmone compromesso della madre. Vengono inviate Pec alla Asl, ci sono telefonate alle forze dell’ordine.

Il 14 dicembre la madre muore. "Qualche ora prima che si spegnesse, li ho minacciati per far sì che mi facessero vedere mia madre in videochiamata. Era coperta fin sotto il naso per non far vedere che non aveva nessun filo (monitoraggio cardiaco), ma lei (mamma) si è scoperta proprio in quel momento e non aveva nulla, né fili e quant'altro e né flebo ma solo l'ossigenoterapia che nel suo caso serviva a nulla. Altresì aveva la tuta dal giorno del ricovero sporchissima, non era stata mai cambiata".

Sull'accaduto il sostituto procuratore di Pescara, Anna Begnini, ha avviato accertamenti. E disposto il sequestro delle cartelle cliniche. "Io non ancora riesco a fare il funerale a mia madre, perché, non si sa quando, probabilmente si dovrà procedere con l'autopsia". 

Alessandro Di Matteo

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Nelle foto il Covid Hospital di Pescara e la signora Di Paolo

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