E' arrivata intorno all'ora di pranzo la lettera di diffida al governatore Marco Marsilio che, ieri sera, giocando d'anticipo sul Governo, ha emanato l'ordinanza numero 106 che ha riportato, da oggi, l'Abruzzo in zona arancione. Lasciata, dunque, la zona rossa prima del previsto, prima del 9 dicembre. Ossia prima dei 21 giorni imposti dalla normativa.
La nota è firmata dai ministri Francesco Boccia e Roberto Speranza. "La invitiamo e la diffidiamo - si legge - a revocare ad horas l'ordinanza regionale ricordandole le gravi responsabilità che potrebbero derivare dalle misure da lei introdotte riguardo alla salute dei cittadini".
"Non voglio drammatizzare lo scontro con il Governo - afferma Marsilio in conferenza stampa a L'Aquila - ma francamente considero eccessivo se non risibile il tono intimidatorio e la minaccia di responsabilità penali riguardo ai contagi che deriverebbero da questo evento. E tutti gli altri che finora hanno preso il coronavirus? A chi dobbiamo addebitare la responsabilità?"
"I nostri legali - prosegue Marsilio - stanno valutando il tono e i contenuti della diffida e la risposta. Io non condivido questa posizione. Non condivido neanche questa lettura della norma e soprattutto ho il dovere di far prevalere le ragioni dell'Abruzzo. Sin dal 2 dicembre ho scritto a Speranza chiedendogli in sostanza l'opportunità di utilizzare una facoltà di deroga che la legge concede".
Secondo Marsilio "ci siamo ritrovati con la Cabina di regia che riconosce in maniera positiva il fatto che l'Abruzzo abbia adottato misure anticipate, con risultati importanti, ma il ministro non ne ha preso assolutamente atto. Solo oggi con questa diffida e ieri tramite agenzie di stampa ci dicono 'però potete uscire il 9 e diventare arancione'. Dopo che faccio un'ordinanza con passaggio graduale alla zona arancione, si scatena la diffida e c'è la disponibilità del Governo".
"Se io avessi atteso che la Cabina di regia si fosse riunita venerdì 20 novembre, poi il sabato l'ordinanza, che va in vigore dal lunedì, noi saremmo entrati in zona rossa otto giorni dopo che il Gruppo tecnico Scientifico ci aveva lanciato l'allarme. Abbiamo guadagnato molti giorni, nei quali avremmo accumulato centinaia e centinaia di casi in più, che sarebbero stati molto più lunghi da smaltire dopo. Adottando la nostra ordinanza il 16 con decorrenza 18, già nel report della settimana successiva, cioè dal 27, eravamo arancioni. Significa che quei giorni in cui ci siamo fermati per tempo hanno avuto un effetto importante", puntualizza il presidente. "Per questo dico a Governo, serenamente, senza polemica, di rivalutare questa situazione: non c'è bisogno di aspettare tutti e 21 i giorni che qualcuno ha deciso che servono assolutamente, creando fibrillazioni e tensioni inopportune".
"Sono due giorni decisivi per la vita del Paese. Se fossero stati due giorni qualsiasi non staremmo neanche a discuterne". Punta il dito poi sulle emergenze economiche, riferendosi al periodo di Natale e allo shopping. "Abbiamo dimostrato capacità autonoma di assunzione di responsabilità. Se avessi voluto fare propaganda mi mettevo a fare i comizi in piazza, come fatto da compagni di partito o di governo dei ministri Speranza e Boccia. Potevo fare finta di niente, aspettare il report, farmi schiaffare in zona rossa e protestare, come hanno fatto colleghi di sinistra, per prendersela col Governo ladro. Invece ho subito inserito l'Abruzzo in zona rossa e questa accusa di non aver saputo fare i conti è tra lo schizofrenico e il paranoico".
"Mi sembra eccessivo dover scontare la pena senza pietà. Con il ministro ne ho parlato -chiarisce - sempre in maniera molto franca, da una parte e dall'altra. Sapeva che c'era da parte mia questa richiesta e questa pressione per riallineare posizione dell'Abruzzo alle altre regioni con i quali condivide gli stessi valori. A me non è che fa vergogna stare in zona rossa o essere l'unico, questo è il teatrino della politica. Ora ci rendiamo conto che la nostra regione sta esattamente nella media nazionale, i dati non li può smentire nessuno. Quindi pensiamo che la cura sia durata a sufficienza e non poteva andare avanti, altrimenti avrebbe... uscciso il malato".
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