Gran Sasso. Nuovo sversamento nelle acque del tossico trimetilbenzene

Nelle acque in uscita dai laboratori del Gran Sasso, nel febbraio scorso, l'Arta ha di nuovo riscontrato la presenza di  trimetilbenzene, sostanza tossica che ha fatto la sua comparsa nel 2002,  quando ci fu uno sversamento, sempre in acqua, dai laboratori dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare (Infn).

La denuncia arriva dall’associazione Mobilitazione per l’Acqua del Gran Sasso, secondo cui la questione "sta assumendo i contorni di una farsa; speriamo solo non diventi tragica". Ancora una volta, a farne le spese,  i 700 mila cittadini del Teramano e dell'Aquilano, che fanno ricorso alle acque del massiccio appenninico. 

A scovare i documenti Augusto De Sanctis, a capo dell’associazione ambientalista. Lo sversamento questa volta, a differenza di 17 anni fa, è avvenuto nell’acqua messa a scarico (100 lt/s) nei pressi dei laboratori, quindi non in un corso d’acqua direttamente e nemmeno nella rete idrica, bensì a terra, pur tuttavia con il rischio che si disperda nelle falde acquifere.

Si tratta di "contaminazione limitata - viene spiegato da De Sanctis - ma come sappiamo possono accadere fatti ben più gravi, come nel 2002 con la fuoriuscita di decine di litri di 1,2,4 trimetilbenzene". Resta ancora un mistero come la sostanza tossica sia fuoriuscita dai laboratori.

Gli atti presenti in Procura dicono che nelle acque in uscita dai laboratori, nel febbraio del 2019, “l’Arta ha riscontrato la presenza di 1,2,4-trimetilbenzene, la stessa sostanza usata nell’esperimento Borexino in sala C, assieme all’esano, un solvente in generale tossico e pericoloso per gli ambienti acquatici. L’agenzia regionale – evidenzia De Sanctis - ha trovato l’esano in due campioni raccolti l’11 febbraio nel punto di campionamento GS-S30 “Laboratorio Infn” (campione 494 con concentrazione 6,99 microgrammi/litro) e, più a valle, nel punto GS-S4 “Imbocco nord galleria autostradale” (campione 492, concentrazione 1,42 microgrammi/litro). L’1,2,4 trimetilbenzene è stato trovato quattro giorni dopo, il 15 febbraio, nel campione 555 raccolto nel punto GS-S30 “Laboratorio Infn” (concentrazione 0,3 microgrammi/litro). Si tratta di acqua non utilizzata per scopi idropotabili che però va ad alimentare i corsi d’acqua del Parco nazionale del Gran Sasso”.

E non si sa la circostanza si sia ripetuta altre volte. "Su quest’aspetto chiediamo massima trasparenza, assicurando una completa e pro-attiva informazione ai cittadini. Pensiamo che sia solo l’ennesimo campanello d’allarme".  L'associazione ritiene  "veramente incredibile che siano state disattese le norme (Articolo 94) che vietano lo stoccaggio di sostanze pericolose vicino alle acque usate per scopi potabili, anzi obbligando il loro allontanamento".

Da anni ormai si chiede che che le 1.292 tonnellate di 1,2,4 trimetilbenzene usate in Borexino e le 1.000 tonnellate di acqua ragia usate in Lvd siano trasportate altrove. "E' inquietante - viene affermato - che gli stessi solleciti della Regione scivolino via senza che accada nulla. Arrivando, poi, alla vera e propria beffa per i cittadini, quella di far mettere a scarico ben 100 litri al secondo di preziosissima acqua. Constatiamo inoltre come neanche quella che appare come una moral suasion della Procura stia dando i suoi frutti, visto che la Regione Abruzzo il 25 gennaio 2019 aveva dato tre mesi all’Infn per consegnare almeno i progetti per l’allontanamento e siamo a fine ottobre, nove mesi dopo, e sul sito della Valutazione di Incidenza Ambientale della Regione non appare alcunché".

"Resta poi tutta la questione della messa in sicurezza dei tunnel autostradali, altra vicenda su cui bisognerebbe fare chiarezza".

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