L'Aquila 2009. Petrocchi: 'Questo terremoto è osservatorio sulle tragedie del mondo'
Suggestiva l'omelia tenuta, la scorsa notte, dal cardinal Giuseppe Petrocchi, arcivescovo metropolita di L’Aquila, durante la messa celebrata in occasione del  15esimo anniversario del terremoto nella chiesa di Santa Maria del Suffragio. Ecco le parti salienti...
 
"Facciamo memoria, nella liturgia, delle 309 vittime di quella catastrofica calamità; come anche di Coloro che sono deceduti successivamente, a causa dei traumi subìti. Portiamo nel cuore e nelle nostre preghiere il dramma di quanti sono stati profondamente feriti nella mente, negli affetti e nelle situazioni “esistenziali” da quegli eventi distruttivi. Ricordiamo pure gli Abitanti, delle aree a noi vicine, che hanno perso la vita o sono stati colpiti nelle rovinose “repliche telluriche” del 2016-2017. Raccogliamo, nella nostra invocazione e solidarietà fraterna, tutte le Persone che hanno patito, in altre parti del mondo e nelle diverse epoche, questo stesso “martirio sismico”. Il terremoto del 2009 costituisce un “osservatorio” sulle tragedie del mondo: le Vittime di quella immane disgrazia sono “Compagni di sorte” di altri Soggetti sui quali si sono abbattute le violenze di conflitti e di calamità dirompenti".
 
"La Pasqua di Gesù - ha aggiunto - ci ha reso certi che la morte dei discepoli non rappresenta lo sfacelo ultimo e definitivo dell’esistenza, ma è passaggio alla Vita eterna: quella che non muore più. Stasera siamo riuniti qui proprio per proclamare, insieme al dolore per le Vittime del sisma, la nostra certezza che il vincolo di unità, che ci ha legato a loro, non si è spezzato, ma si è stretto ancora più forte: perché in esso è stato impresso il sigillo dell’amore evangelico. Sperimentiamo dolorosamente il “lutto”, che non viene meno perché è sacro, ma senza esserne sopraffatti: ha la meglio l’annuncio della Pasqua, che abbiamo ricevuto e accolto. Se è vero, infatti, che “tutto passa”, è ancora più vero, nella Carità, che “tutto resta”: infatti, l’amore autentico è siglato dal “per sempre”; e ogni affetto, che dura solo a “tempo determinato”, non è amore, ma emozionalità volubile e inaffidabile".
 
E allora, ha esortato l'arcivescovo, "attraversiamo questa sofferenza “estrema” da credenti, animati dalla certezza della Risurrezione". D'altronde "siamo già tutti “Con-cittadini” del Regno di Dio, anche se con diverse “titolarità”: i nostri Fratelli, che dimorano “lassù”, hanno già una appartenenza piena e definitiva; noi, che abitiamo “quaggiù”, camminiamo per raggiungerli nella stessa Patria celeste. In questa assemblea liturgica “Loro” non sono assenti, ma si rendono realmente presenti, nella stessa Famiglia degli “Ammessi alla Vita”. Per tale ragione, nel corso della celebrazione, ne vengono evocati i Nomi: si tratta di una scansione solenne, a voce alta; dimostrazione che, nella loro vicenda, rifiutiamo qualunque “amnesia” anagrafica ed esistenziale. Tuttavia la nostra memoria non intende rimanere solo “retroflessa”, cioè ripiegata all’indietro, ma vuole proiettarsi in avanti, sviluppando la capacità di affrontare creativamente il futuro".
 
Per Petrocchi "la luce della fede ha compiuto il “miracolo” di far germogliare, in noi e tra di noi, il fiore prezioso della “consolazione”, che si espande dal grande albero della Speranza. Ma questo “approccio cristiano” ha pure contribuito a forgiare atteggiamenti sociali “adeguati”, per sostenere una efficace “risposta ricostruttiva” alla sfida lanciata dal sisma. Dopo aver sperimentato la furia demolitiva del terremoto, L’Aquila non si è fermata: non ha messo la “marcia indietro” della “rassegnazione perdente”, ma è subito “ripartita” attivando una reazione coraggiosa e fattiva: si è spinta in avanti, accelerando il “ritmo operativo” del suo robusto “motore” religioso, etico e sociale. Così è stata avviata la grande e faticosa impresa della “rinascita”: avventura corale e permanente, tesa a riguadagnare la fiducia nel presente, custodendo con fierezza i valori del passato, per riaprire le prospettive di un promettente avvenire".
 
"La Comunità, al completo, - ha aggiunto - si è mobilitata per “ri-edificare” non solo “come” prima, ma “meglio” e “più” di prima: in tutti i campi! Si è passati dall’iniziale adattamento all’emergenza al successivo contributo innovativo. La bellezza perduta non solo è stata restituita, ma si è arricchita e dilatata. La nostra Popolazione ha saputo anche evitare il rischio della “psicosi collettiva” e la sindrome della “depressione sociale” (spesso successive ad un grave sconvolgimento) che “caricano” negativamente il sistema emotivo della gente e sollevano reazioni eccessive e disadattanti. È noto, infatti, che il terremoto, oltre a suscitare “sciami” geologici, attiva pure, nell’animo delle persone, intense vibrazioni psicologiche e sociali: “sismiche” pure esse! Anche il pericolo di scivolare nel “torpore da trauma” è stato sbaragliato dalla resilienza aquilana e dalla sua tenace audacia progettuale".
 
E ha concluso: "La Provvidenza di Dio ci ha accompagnato in questi 15 anni, consentendoci di attraversare la tragedia del sisma, dirigendoci però verso orizzonti di speranza, e conquistando novità inedite e di maggior valore. Il dolore per il “distacco” dalle Persone care rimane radicato nella nostra anima: e continuerà ad ardere nel cuore, come una lampada perenne, alimentata da un amore che non si spegne e attende il momento del ricongiungimento. Grazie alla Pasqua, a L’Aquila ha vinto la vita!". 06 apr. 2024

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